Ripreso a tamburo battente da molti media, un tweet del canale Telegram d’informazione bielorusso Nexta tv annuncia l’intento della Russia di disconnettersi da internet entro l’11 marzo, e allega un documento che sarebbe partito dal viceministro dello sviluppo digitale russo Andrei Chernenko in cui vengono impartite istruzioni per spostare i siti degli enti governativi sull’intranet russa – una rete cioè disconnessa dai server globali e rivolta esclusivamente all’interno dei confini della Federazione.

LO SCENARIO prospettato da Nexta rimbalza nell’etere e nel mondo dell’informazione come la prospettiva che da venerdì in Russia si instauri una completa autarchia digitale sul modello di quella cinese. Se però può essere più che plausibile che esista un piano per spostare gli enti governativi su una rete interna per schermarli dagli attacchi cyber, resta ancora nebuloso il perché la Russia stessa dovrebbe mettere in atto ciò che fino a una settimana fa veniva richiesto dal governo ucraino all’Icann (l’ente di gestione internazionale che supervisiona e assegna globalmente gli indirizzi Ip e i domini internet): e cioè di estendere le sanzioni al Dns (Domain Name System) della Russia, di fatto recidendo la sua interconnessione con la rete globale.

È pur vero che molti avevano respinto l’idea proprio perché in un certo senso avrebbe fatto il gioco del governo russo – rimuovere l’ultima via di accesso della popolazione a fonti di notizie non controllate dalle istituzioni – e anche che la Russia da anni sperimenta in tal senso: nel luglio 2021 Reuters scrive di un test andato a buon fine in cui la Russia si è temporaneamente disconnessa dalla rete globale per sperimentare la «sovranità di internet» volta a isolarla da possibili cyber attacchi statunitensi. Ma in quella che il Washington Post ha chiamato la nuova “Fog of War” che ammanta il conflitto di immagini, video e notizie false che circolano incontrollabilmente su social e siti, l’ecosistema dell’informazione rischia di venire compromesso da notizie non attentamente verificate. E su un altro canale Telegram d’informazione indipendente russo, pdmnews, vengono citate le parole del vicepresidente della commissione sull’informazione alla Duma Oleg Matveichev che sembrano smentire la notizia di Nexta: «Da parte della Russia, non c’è alcun desiderio di impartire tali ordini ai fornitori (di scollegarsi da internet, ndr). Il Paese sicuramente non ha intenzione di farlo, basta oscurare i social che si comportano in modo più aggressivo».

CHE L’11 MARZO sia davvero oppure no il “D-Day” di internet, sul Paese sta comunque scendendo inesorabilmente quella che sempre il WP chiama la nuova Cortina di Ferro, nata dalla combinazione di censura interna – la stampa, le tv, le radio, i social – e le sanzioni occidentali: da Microsoft che sottrae i suoi servizi al Paese al ritiro dalla Russia di Cogent Communications, conduttore americano di dati internet che vuole impedire che i propri network vengano usati a scopi propagandistici o per rivolgere attacchi cyber all’Ucraina (e anche Netflix domenica ha oscurato la sua piattaforma streaming in Russia).

A FARNE LE SPESE sono anche coloro che in Russia resistono: semplicemente rifiutandosi di affidarsi alla propaganda e cercando altrove le notizie o anche scendendo coraggiosamente in strada, sfidando gli arresti e la violenza della polizia. Solo domenica, secondo fonti ufficiali e l’associazione per i diritti umani Ovd-info, sono stati arrestati oltre 4.300 manifestanti in 53 città del Paese, di cui 1.700 a Mosca. Questo porta la cifra di persone detenute dal giorno dell’invasione dell’Ucraina il 24 febbraio – fonte sempre Ovd-info – a 13.565. «Ciascun dipartimento di polizia – specifica l’associazione sul proprio sito – potrebbe avere più detenuti di quelli che appaiono nelle liste ufficiali. Pubblichiamo solo i nomi di coloro di cui abbiamo certezza».
La portavoce del gruppo Maria Kuznetsova ha detto a Reuters che «il giro di vite si fa sempre più stretto, essenzialmente siamo testimoni di una censura militare». Ma, ha aggiunto, «stiamo vedendo proteste piuttosto grandi oggi (domenica, ndr) anche in città siberiane dove raramente osserviamo un tale numero di arresti».