Le assunzioni annunciate a Melfi dalla Fca – per il momento solo precarie – diventano un volano per il Jobs Act. Non solo il governo ha rivendicato sostanzialmente la paternità della decisione – spiegando che «le riforme avviate vanno nella giusta direzione» – ma si è scatenata una gara ad auto-attribuirsi il merito non solo tra i sindacati «del sì» (al contratto modello Marchionne), ma anche tra gli esponenti di Forza Italia e Ncd – come Renato Brunetta e Maurizio Sacconi – che hanno sottolineato l’importanza delle leggi varate sotto i governi Berlusconi.

Ma a festeggiare è soprattutto Sergio Marchionne, che in questo modo si è tolto diversi sassolini, soprattutto nei confronti della Fiom e della Cgil, che hanno costantemente attaccato le sue politiche: la stessa segretaria Susanna Camusso ieri non ha potuto far altro che ammettere che si tratta di un primo passo «importante», lodando la decisione, ma sottolineando anche l’esistenza di tante «ombre»: non solo tutti gli altri stabilimenti, sui quali ancora non è chiaro il piano di investimenti previsto, ma anche la necessità di passare poi a «conferme e stabilizzazioni» per quelli che oggi sono soltanto precari.

«Mille», aveva detto Marchionne, ma intanto di sicuro c’è che da lunedì prossimo, per far fronte ai nuovi ordini della Jeep Renegade e della 500X, si ricorrerà a 300 interinali e 100 operai in distacco da Cassino. Interinali che, se tutto andrà bene, verranno poi assunti con il nuovo contratto a tutele crescenti, come aveva spiegato due giorni fa lo stesso amministratore delegato di Fca, fornendo uno straordinario assist alla riforma Renzi. Licenziabili subito, dunque, ma anche poi, in futuro.

Ma Marchionne vede ovviamente il bicchiere mezzo pieno, e anzi si spinge a prevedere che le nuove assunzioni faranno da «moltiplicatore da sette a dieci» di posti di lavoro. E non basta, perché se questo si potesse ripetere «a livello di tutti gli stabilimenti italiani, ci sarebbe un grande impatto». Una risposta indiretta a quanti – soprattutto dalle associazioni industriali delle regioni in cui sono posti gli altri impianti della Fca – ieri sollecitavano di estendere gli investimenti e le assunzioni a tutta Italia.

E ancora, a parere della multinazionale, anche i conti economici sono destinati ad assumere un colorito roseo: secondo Marchionne il pareggio operativo del ramo Europa «potrebbe già esserci nel 2015», mentre per il 2016, sempre per le attività del vecchio continente, è ritenuto possibile raggiungere «l’utile operativo».

Dal fronte del governo, a commentare, con tono entusiastico, è il sottosegretario al Lavoro, Massimo Cassano: «È la dimostrazione che la strada scelta dal governo in materia di riforma del lavoro è quella giusta ed è in grado, nei prossimi mesi, di ribaltare positivamente i numeri, in costante aumento negli ultimi anni, della disoccupazione». Speranze ottimistiche, e soprattutto – in stile renziano – un attacco ai «gufi che facevano, e fanno, solo il tifo per la chiusura degli stabilimenti e accusavano Fca di disimpegno in Italia».

Ma ieri si è fatta sentire anche la Fiom, principale antagonista della dirigenza targata Marchionne: e lo ha fatto in risposta a un attacco della Fim Cisl. Il segretario cislino Claudio Chiarle ha infatti contestato ai metalmeccanici Cgil di non aver presentato le liste per eleggere le Rsa alla Maserati di Grugliasco: «Non vorrei – ha detto – che la Fiom esercitasse la “democrazia mediatica” ma non quella con i lavoratori, preferendo stare in fabbrica con la legittimazione dei giudici ma non del voto dei lavoratori».

Spiegando i motivi della passata esclusione dalle elezioni, Federico Bellono (Fiom Torino) ha ribattuto che «se la Fim o altre organizzazioni firmatarie dovessero nei prossimi giorni aprire effettivamente le procedure per rieleggere le Rsa noi chiederemo di partecipare e presenteremo le liste, sperando che poi non si cerchino ulteriori scuse per tagliarci fuori».