Per il secondo giorno di seguito, lunedì era successo alla camera, il governo tiene bloccato il parlamento perché non riesce a trovare un accordo al suo interno. Ieri al senato è stata di nuovo la giustizia a far ballare la maggioranza, tenuta sulla corda al solito da Renzi. Nel pomeriggio alle 16 era in programma la seduta d’aula dove si aspettava che il governo ponesse la fiducia sul decreto intercettazioni, ma al mattino i lavori in commissione si sono improvvisamente bloccati. Colpa di un emendamento dell’ex presidente del senato Grasso (Leu) che allargava il perimetro di utilizzabilità delle intercettazioni e che Italia viva era indisponibile a votare. Dopo un giorno sull’ottovolante della crisi, tre convocazioni rinviate dell’aula, i senatori dell’opposizione a protestare e la presidente del senato che deve constatare «la mancata centralità del parlamento» e chiedere al governo «un patto etico sulla regolamentazione dei lavori», in serata i partiti della maggioranza raggiungono un accordo su un sub emendamento a un emendamento del relatore. Tregua fragile che dovrebbe però consentire di portare oggi in aula il decreto intercettazioni e approvarlo entro giovedì con la fiducia. Deve ancora passare alla camere ed è ormai prossimo alla scadenza, contiene tra le altre cose un rinvio preteso dal Csm dell’entrata in vigore delle nuove norme.

RENZI SI È INTESTATO un’altra battaglia garantista, da questo punto di vista trascurando però alcuni aspetti del decreto più delicati, ad esempio l’allargamento dell’uso del cosiddetto captatore informatico, il trojan sul quale lancia allarmi il garante della privacy. Italia viva si è concentrata nell’opposizione a un emendamento con il quale l’ex presidente Grasso puntava a recepire una recentissima sentenza delle sezioni unite della Cassazione. Nella quale si è disposta l’utilizzabilità delle intercettazioni anche per reati diversi da quelli per i quali erano state originariamente autorizzate, ma solo nel caso in cui risultino indispensabili per accertare la flagranza dei delitti o «che risultino connessi a quelli in relazione ai quali l’autorizzazione era stata disposta sempreché rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dalla legge».

GRASSO È ANDATO OLTRE, proponendo una generica utilizzabilità delle intercettazioni casuali quando riguardano tutti i reati per i quali in astratto l’intercettazione avrebbe potuto essere autorizzata. Sono tantissimi, tutti quelli non colposi puniti con una pena massima superiore a cinque anni più quelli legati a droghe, armi, esplosivi, usura, ingiuria, minaccia, pedopornografia, frode nel commercio, stalking… Nell’emendamento Grasso mancava il riferimento alla «indispensabilità» delle intercettazioni casuali e soprattutto quello alla «connessione» fra i reati indicato dalla Cassazione. «Connessione» per la giurisprudenza significa che tra il reato per il quale si procede in origine e quello che viene scoperto occasionalmente con l’intercettazione deve esserci un «legame oggettivo», devono fare parte di «un medesimo disegno criminoso». In questo modo si limitano le cosiddette «intercettazioni a strascico».

MALGRADO RENZI ABBIA sostenuto più volte, durante il travagliato pomeriggio, che il suo obiettivo era quello di recuperare la formula esatta della sentenza della Cassazione, l’elemento della «connessione» non è entrato affatto nelle richieste dei renziani e dunque nelle trattative con gli altri partiti, orchestrate dal ministro D’Incà e dal sottosegretario Giorgis. Prima un emendamento del relatore Giarrusso ha recuperato l’elemento della flagranza di reato, ma per i renziani non era abbastanza. Successivamente un sub emendamento sul quale Italia viva ha infine accettato di metter la firma ha aggiunto al criterio della «indispensabilità» delle intercettazioni occasionali anche quello della «rilevanza». Della «connessione», che è il vero limite, ancora nessuna traccia, anche se certo resta nella sentenza della Cassazione che fa giurisprudenza. Nulla vietava però che fosse ripreso nell’emendamento, visto che l’intenzione dichiarata era quella di volersi attenere alla lettera della sentenza di Cassazione. Del resto, Renzi ha anche sostenuto che sarebbe rimasto leale al testo del decreto approvato dal Consiglio dei ministri, quando pochi giorni fa il suo rappresentante in commissione ha votato con le opposizioni per inserire in questo testo l’abolizione della riforma Bonafede sulla prescrizione. Ma i numeri gli hanno consentito solo un pareggio, insufficiente in quale caso ma che sarebbe bastato ieri a fermare l’emendamento Grasso. Da qui l’ennesima giornata di passione per la maggioranza.