La legge sulle intercettazioni di fatto non c’è più. L’entrata in vigore, che sarebbe scattata domani, è stata prorogata ieri dal Cdm, nel quadro dell’approvazione complessiva del “milleproroghe”, ma con la dichiarata intenzione di riscrivere la legge, approvata in via definitiva nel dicembre scorso, quasi come ultimissimo atto della legislatura e fortemente osteggiata dall’Anm. Ancora ieri mattina l’associazione dei magistrati aveva rivolto un accorato appello al governo: «Occorre subito un intervento per bloccarla. Abbiamo 48 ore di tempo».

Detto fatto. Il governo è intervenuto e il ministro della Giustizia Bonafede ha assicurato che di quel testo, approntato dal suo predecessore Andrea Orlando, resterà ben poco: «Oggi abbiamo tolto le mani della vecchia politica dalle intercettazioni che sono uno strumento di indagine fondamentale. Impediamo che venga messo il bavaglio sull’informazione e sulla stampa». Bonafede prosegue con uno show a puro uso propaganda spiccia: «Ogni volta che uno del Pd veniva ascoltato dai cittadini, il Pd tagliava la linea. L’intento era quello di evitare ai cittadini l’ascolto dei politici». Per Bonafede la legge era stata una risposta del Pd all’affare Consip. Immediata la replica di Renzi: «La riforma è dell’agosto 2014 e nessuno di noi si aspettava l’affare Consip. Bonafede-Malafede potrebbe invece venirci a dire cosa si diceva con Lanzalone».

Particolarmente grave, per il guardasigilli come per l’Anm, la norma che imponeva di usare i «captatori informatici» in pc o smartphone o abitazioni private senza troppi vincoli solo nei casi di mafia o terrorismo, mentre per tutti gli altri era necessario motivare «ragioni e modalità» dell’intercettazione nei decreti di autorizzazione. Demagogia da trivio a parte, la legge era certamente farraginosa ma la ratio era chiaramente limitare la diffusione a mezzo stampa di intercettazioni non penalmente rilevanti, introducendo un “doppio filtro” con la polizia giudiziaria che, sulla base delle istruzioni del pm, aveva il compito di scremare le intercettazioni rilevanti.

La formula scelta finiva in realtà per limitare anche i diritti della difesa, tanto che per una volta anche l’Unione delle camere penali aveva protestato. Il pm, come garante, aveva infatti in custodia il materiale considerato irrilevante, che la difesa poteva solo visionare ma senza diritto di copia. Il che automaticamente la poneva in condizioni di svantaggio. La legge poteva quindi senza dubbio essere migliorata ma l’intenzione conclamata di Bonafede sembra essere invece riscriverla, dopo aver ascoltato nei prossimi mesi tutti i pareri dei soggetti coinvolti, all’insegna di una assoluta libertà d’intercettazione e relativa diffusione. Infatti la capogruppo M5S in commissione Giustizia alla Camera Sarti anticipa che «le intercettazioni vanno potenziate, soprattutto nei casi di corruzione dove l’uso è ancora limitato». Più che soddisfatto il presidente dell’Anm Minisci: «Il nostro grido d’allarme è andato a buon fine».

Il Cdm ha prorogato anche il termine per la riforma delle Banche di credito cooperativo (Bcc). Erano già previsti 90 giorni per avviare i contratti di coesione e altri 90 se ne sono aggiunti. «La proroga è strettamente collegata alle norme che modificano la riforma», spiega Tria. Dovrebbe permettere alle banche che devono scegliere se aderire o meno di considerare il nuovo testo che, senza essere «una riforma della riforma» come pomposamente dichiara il governo, rafforza la posizione delle singole banche rispetto alla capogruppo. Quel che chiedeva soprattutto il nordest leghista. Passa infatti dal 51 al 60% la quota minima di capitale che deve essere detenuta dalle banche, inoltre la metà più due del Cda dovrà essere espressione delle Bcc, la capogruppo non potrà prendere decisioni senza consultare le Bcc e le categorie di rischio in base alle quali la capogruppo potrà decidere di intervenire sulle singole banche verranno controllate da Bankitalia.