Con una mossa a sorpresa ma ampiamente concordata, il governo targato Piattafoma civica (Po) di Ewa Kopacz ha annunciato le dimissioni del ministro degli esteri Radoslaw Sikorski travolto dal waitergate. Con lui prendono commiato dal gabinetto della premier anche i ministri della sanità, Bartosz Arlukowicz; dello sport, Andrzej Biernat, del Tesoro, Wlodzimierz Karpinski e diversi sottosegretari. Una decapitazione simbolica ma dalle conseguenze pesantissime per il governo dopo quella avvenuta cinque anni fa con l’élite politica del paese amputata dopo la strage aerea di Smolensk.

Proprio come gli altri colleghi dimissionari, Sikorski ha scelto di farsi da parte dopo gli strascichi di alcune dichiarazioni scomode registrate sottobanco da alcuni camerieri in due ristoranti della Capitale frequentati da politici. Le conversazioni erano state pubblicate l’estate scorsa dal settimanale Wprost. L’ex ministro avrebbe tra l’altro affermato usando toni volgari che la Polonia ha avuto nel corso degli anni una politica estera troppo remissiva nei confronti di Obama, a cui ha tuttavia aveva chiesto maggiore impegno nell’Europa orientale. La bomba mediatica era scoppiata definitivamente ieri con la pubblicazione su internet degli atti delle indagini da parte di Zbigniew Stonoga.

La figura di questo misterioso imprenditore, vicino a posizioni reazionarie, figura negli atti di oltre un centinaio di processi. Stonoga è stato anche uno dei testimoni del processo legato al caso “rywingate” che aveva travolto nel 2004 il Partito Socialdemocratico (SLD), allora al potere. Uno scandalo dal quale il partito di Leszek Miller non si sarebbe mai più rialzato. L’ipotesi che Stonoga abbia trovato le intercettazioni per puro caso su un server cinese mentre navigava in rete sembra poco credibile.

Si è dimesso anche Jacek Rostowski, ex ministro delle Finanze, nonché uno dei più stretti collaboratori della Kopacz. L’ansia degli investitori potrebbe subire un’impennata improvvisa anche perchè i proclami di repolonizacja delle banche e delle imprese fatti in campagna elettorale dal neo-presidente Andrzej Duda del partito di estrema destra Giustizia e Libertà (PiS) potrebbero diventare presto realtà qualora la formazione di Jaroslaw Kaczynski dovesse trionfare nelle parlamentari previste a ottobre. Inutile negare che la figura di Viktor Orban e del suo partito Fidesz, criticato dall’Unione Europea, restano il modello ideologico di riferimento per il PiS. Di questi passi il vento del populismo e della xenofobia potrebbe soffiare presto anche su Varsavia.

Un vero e proprio suicidio mediatico secondo molti osservatori che potrebbe condannare il partito dell’ex-premier Donald Tusk, ormai impegnato a Bruxelles, a una debacle senza precedenti. Ironia della sorte, questa volta l’epurazione interna è giunta proprio dal partito che più di tutti aveva osteggiato a suo tempo la politica della lustracja, una campagna di moralizzazione delle istituzioni polacche promossa dai dirigenti del PiS negli anni in cui il Po era all’opposizione.

Ma il repulisti interno voluto dal Po presenta anche inquietanti analogie con quanto avvenuto dieci anni fa a Budapest prima dell’ascesa al potere di Orban: dopo un clamoroso mea culpa l’allora premier socialista Gyurcsany si era dimesso in seguito alla diffusione di un audio registrato illegalmente in cui affermava che il governo ungherese aveva mentito per anni sulle reali condizioni del paese. Intanto a Varsavia lo spettro dell’orbanizacja si avvicina in attesa delle elezioni del prossimo autunno.