Le norme per punire gli abusi sulla pubblicazione delle intercettazioni «ci sono già» e il rischio invece è di «prendere spunto da alcuni abusi per modificare un sistema che permette di scoprire i reati. Bisogna stare attenti a non creare ulteriori ostacoli, o il sistema giustizia rischia di trovarsi in ginocchio». La preoccupazione del procuratore aggiunto di Messina, Sebastiano Ardita, è la stessa espressa ancora ieri dalla Federazione nazionale della stampa. Ossia che la delega per riformare le norme sulle intercettazioni, che dà carta bianca al governo di limitare l’uso di uno strumento importante per magistrati e giornalisti, contenuta nel ddl di riforma del processo penale e dell’ordinamento penitenziario da ieri all’esame della Camera, «nasconda un pericolo per il diritto di cronaca».

Un testo sul quale il Pd ha trovato l’accordo con l’Ncd in cambio della norma che impone ai pm un limite di 3 mesi per chiedere il rinvio a giudizio dopo la conclusione delle indagini, prorogabile di altri 3 mesi per inchieste di particolare complessità, e che sale – correzione aggiunta ieri dal Comitato dei nove – fino a un anno per i reati di terrorismo e mafia, ma non per quelli di corruzione e concussione.

Su quella che il M5S ha ribattezzato la «legge bavaglio», è duro il giudizio del segretario dell’Fnsi: «A nessun giornale e a nessun giornalista potrà mai essere impedito di pubblicare una notizia che abbia rilevanza per l’opinione pubblica, anche se coperta da segreto. Si tratta di un principio basilare di tutte le democrazie, peraltro più volte ribadito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo», afferma Raffaele Lorusso riferendosi all’emendamento presentato a fine luglio dal capogruppo Pd in commissione Giustizia, Walter Verini, e dal responsabile Giustizia del partito, David Ermini.

Una correzione alla delega, questa, apportata per tentare di smorzare le proteste sollevate già allora dall’Ordine dei giornalisti, che però non cancella del tutto l’emendamento dell’Ncd Alessandro Pagano dove si prevede il carcere da 6 mesi a 4 anni per chi registra conversazioni in modo fraudolento e le pubblica, e si limita invece solo ad escludere la punibilità «quando le registrazioni o le riprese sono utilizzabili nell’ambito di un procedimento amministrativo o giudiziario o per l’esercizio del diritto di difesa o del diritto di cronaca». Ora comunque il Pd, dopo le proteste reiterate e la promessa del M5S – che ha presentato 700 emendamenti al testo, anche se i tempi del dibattito sono contingentati – di alzare le barricate contro la «mordacchia» imposta «a giornalisti e magistrati», sta ragionando sull’ipotesi di commutare la reclusione in sanzione pecuniaria.

Ermini e Verini, però, rispondono all’Fnsi giudicando l’interpretazione di Lorusso «sbagliata»: ogni preoccupazione, dicono, «in questo caso è infondata». «Chiediamo – spiegano i due firmatari dell’emendamento – di prevenire il problema della pubblicazione di intercettazioni non rilevanti per le indagini per tutelare insieme al diritto alla informazione quello di cronaca. Pene sono previste nei casi di registrazioni fraudolente ma fuori dai casi di esercizio del diritto di cronaca e di difesa».

L’analisi del ddl riprenderà oggi in Aula ma il dibattito, che ieri ha soddisfatto «pienamente» il vice Guardasigilli Enrico Costa, di sicuro non riguarderà, come si augura l’associazione Antigone, l’abolizione dell’ergastolo ostativo che, al contrario di quanto paventato dalla stampa più giustizialista, non è contenuta nel testo in esame.