C’è voluto mezzo secolo di immigrazione e un summit di sei ore nella Cancelleria federale per varare la bozza della prima «legge sull’integrazione» della Repubblica federale tedesca.

Per ora si tratta solo del «canovaccio» del pacchetto normativo che dovrà superare il vaglio della conferenza dei governatori dei Land il 22 aprile e quello del «conclave» (Klausurtagung) del governo il 24 maggio. Ma i 15 punti-chiave dell’impianto giuridico sottoscritto ieri da Cdu-Csu e Spd sono stati discussi e approvati fin nei minimi dettagli: dall’integrazione nel mercato del lavoro tedesco (è la vera priorità) alle procedure di ammissione ai corsi di formazione, dalle regole per la residenza alla revoca dei benefici per chi sgarra non solo penalmente.

«Un passo in avanti storico: un’offerta ai migranti che hanno buone prospettive di rimanere in Germania, una la lista dei doveri per chi vuole vivere qui» scandisce la cancelliera Angela Merkel, visibilmente soddisfatta per l’accordo-quadro quanto preoccupata per i dati diffusi ieri dai più autorevoli istituti di statistica che prevedono la crescita del Pil tedesco dell’1,6% nel 2016 e 1,7 nel 2017. Meno di quanto si aspettasse il governo (1,8%) ora costretto a misurarsi con la certezza dell’aumento della disoccupazione (dall’attuale 6,2% a 6,4 nel 2017) anche a causa del flusso di migranti, secondo gli istituti economici, flusso peraltro ridotto del 66% rispetto all’ultimo trimestre 2015. Il governo fa inoltre sapere che le  espulsioni sono aumentate di oltre il 60% fra il 2014 e il 2015 e si prevedono ulteriori incrementi nel 2016.

Alla base della legge, precisano a Berlino, la formula: «Promuovere i diritti ed esigere i doveri» insieme alla necessità di introdurre misure di sicurezza anche sul fronte del terrorismo.

Una wende (svolta) politica in piena regola, condizionata – eccome – dalla scadenza del mandato per il terzo gabinetto Merkel, che mira a presentarsi alle elezioni federali nel 2017 con «i compiti fatti». Anche l’ultimo argine per contenere l’esondazione della destra di Alternative für Deutschland (Afd) che continua a soffiare sul fuoco della propaganda anti-immigrati come a volare nei sondaggi sulla composizione del futuro Bundestag (12,5% è il dato Insa di quattro giorni fa).

Certo non basterà a spegnere il malessere nero che ha già squassato l’equilibrio elettorale, politico e sociale in tre Land della Bundesrepublik né a curare la xenofobia della «piccola gente» (copyright: Alexander Gauland, vice capo di Afd) non più confinata alla «povera» Sassonia, e probabilmente neppure ad assorbire («normalizzare» è il termine ufficiale) davvero 1,5 milioni di profughi in fuga da guerra e miseria.

Di sicura, per ora, solo l’integrazione nell’economia tedesca, pronta a sfruttare la nuova manodopera a basso costo per rilanciare il made in Germany. Per questo la legge scritta dalla Grande coalizione si incardina anzitutto sull’anschluss con le richieste dell’industria nazionale: in pratica il pacchetto legislativo prevede 100 mila «opportunità di impiego» da finanziare con i soldi pubblici insieme ad «attività che non costituiscono un rapporto di lavoro» da destinare ai profughi di «Paesi ad asilo non sicuro». A questo si aggiunge l’«obbligo di cooperare» imposto ai migranti, la revoca dei benefici per chi non si adegua alle norme o commette reati. Così viene ammorbidito il «divieto di lavoro» per chi usufruisce degli aiuti umanitari: dopo 3 mesi di permanenza in Germania i profughi potranno accedere alla formazione pre-professionale, dopo 15 all’indennità scolastica, dopo 6 anni alla pre-assunzione e relativi sussidi. In parallelo i migranti «certificati» beneficeranno dei fondi per i disoccupati di lunga durata (da almeno un anno senza lavoro) ma solo se entrati legalmente in Germania (fino a oggi bastava il permesso di soggiorno allegato alla domanda di asilo). In caso contrario i «candidati» verranno espulsi.

Al contempo il soggiorno temporaneo sarà legato a doppio filo alla «competenza linguistica e ai valori di base della cultura tedesca». Nella proposta di legge si accenna inoltre a «prestazioni di sicurezza nell’utilizzo dei servizi sociali», tutt’altro che definite, mentre si fissano gli oneri di traduzione (per i residenti da meno di 3 anni) ai fornitori di tali servizi e il rimborso statale «per chi è obbligato a sostenere il costo degli stranieri»: misura che dovrebbe alleggerire la pressione finanziaria cui sono sottoposti gli enti locali. Proprio alle aree depresse (città portuali e Land ex Ddr) è dedicato il decimo punto della bozza. Per evitare la temuta «concorrenza» con i lavoratori tedeschi la legge stabilisce che la possibilità di lavoro temporaneo per i profughi sarà limitata «alle aree dove il tasso di disoccupazione è sotto la media del Land». Infine l’integrationsgesetz, riduce a 6 settimane il tempo massimo di attesa per i corsi di integrazione, aumenta il limite dei partecipanti da 20 a 25 e impone la distribuzione omogenea dei richiedenti asilo «per evitare hotspot sociali». Come, dove e quando verranno «spalmati» i migranti lo decideranno i governatori dei 16 Land nella riunione del 22 aprile.