Amnesty International è impegnata a livello globale nella difesa dei diritti umani. Al presidio di Baobab ha svolto attività di monitoraggio. Ieri, ha condannato l’intervento della polizia affermando che: «Gli sgomberi a ripetizione lasciano senza protezione decine e decine di persone».

Riccardo Noury
Il ministro dell’interno Matteo Salvini ha definito Baobab una «zona franca, senza Stato e senza legalità». Amnesty International condivide questa interpretazione?
No, affatto. Chiamare Baobab «zona franca» è ingiusto e ingeneroso. La dichiarazione è stata rilasciata evidentemente con poca conoscenza di quell’esperienza che, al contrario, parla di accoglienza, alloggio e integrazione. Per quanto riguarda l’affermazione di «senza Stato», invece, devo dire che le associazioni di volontariato e le organizzazioni non governative sono costrette a farsi Stato quando le istituzioni vengono meno al dovere di dare risposte adeguate ai bisogni sociali. In questo contesto, Baobab si è assunto la responsabilità di fornire assistenza a migranti e richiedenti asilo e di dare accoglienza a cittadini italiani senza fissa dimora.

Interventi di questo tipo servono a ripristinare la «legalità»?
Favoriscono il contrario. Se c’è un modo per aumentare dispersione e marginalità, con il rischio conseguente di azioni che danneggino la sicurezza di tutti, è sicuramente effettuare sgomberi di questo tipo. Così si colpisce soprattutto chi si trova a vivere in situazioni di maggiore difficoltà. Da ieri a Roma ci sono oltre 100 persone, molte delle quali aventi regolare permesso di soggiorno e comunque già identificate dalle autorità competenti, che hanno perso un importante punto di riferimento e di sostegno.

In città c’è aria di nuovi sgomberi. Quali misure dovrebbe adottare la sindaca Virginia Raggi per evitare che le persone finiscano in strada senza alcuna alternativa?
Il problema è annoso e complesso. Certamente non è nato con questa amministrazione, ma questa amministrazione ha fatto tutto meno che risolverlo. Siamo una capitale del G8 che ha un problema enorme di rispetto del diritto all’alloggio. Una situazione che riguarda moltissime persone di differenti nazionalità che vivono nella nostra città. Abbiamo visto esperienze di accoglienza e di occupazione di stabili abbandonati che coinvolgono italiani e stranieri. Paradossalmente integrazione e solidarietà sono nate in luoghi del tutto non istituzionali. Quello che occorre è un piano serio di accoglienza e garanzia del diritto alla casa.

Pochi giorni fa il Senato ha approvato il «decreto immigrazione e sicurezza». Cosa pensa di questa misura?
Le critiche al decreto sono ampie e riguardano tutta una serie di aspetti discriminatori. Ad esempio, la riduzione delle possibilità e delle tempistiche per far valere i propri diritti o l’allungamento dei tempi di detenzione amministrativa degli stranieri. La domanda è: fino a che punto siamo disposti a violare i diritti umani in nome della sicurezza o della percezione di insicurezza? Con questo provvedimento mi pare si dica che la sicurezza, se percepita o reale è tutto da vedere, è l’obiettivo da perseguire a ogni costo, senza alcuna attenzione per il rispetto dei diritti. Una tendenza pericolosa a cui bisogna porre un freno. In questo paese c’è una maggioranza di persone che può ancora godere dei propri diritti: è necessario che tornino a muoversi insieme a chi se li vede negati ogni giorno.