Finalmente M5s, Pd e Leu governeranno insieme. Ci sono arrivati tardi e male, più per paura che per convinzione. E regalando nel frattempo dieci punti alla destra. Poteva andare diversamente? La politica non si fa con i se. È vero. Ma è anche vero che se il tentativo fosse stato fatto ad inizio legislatura sarebbe apparso meno disperato, Salvini sarebbe stato fermato prima di decollare, il clima politico e civile sarebbe stato meno imbarbarito.

Serve a qualcosa rinvangare il passato? Niente ipocrisia: sì.

I due ex contendenti oggi alleati si sono delegittimati a vicenda creando un clima di reciproco odio anche tra i propri elettori. Lo hanno fatto per ragioni implicite nella loro natura – una forza antiestablishment ed una impregnata di governismo -, perché si contendevamo pezzi di elettorato comune e perché la contrapposizione frontale favoriva la compattezza interna e consentiva di rinviare i nodi politici che ciascuno aveva davanti. Tutto questo rende oggi più arduo il cammino. Dovremo convincere gli altri, recuperare gli astenuti di ieri, motivare i nuovi perplessi generati dall’improvvisa svolta di oggi. Adesso, anche grazie alla bravura di questo ’tutto da conoscere’ Presidente del Consiglio, si è costruito un programma di governo abbastanza omogeneo e messa insieme una compagine con qualche elemento di novità. Sarà sufficiente?

Tutto dipenderà dagli atti, dalle concrete priorità che si sceglieranno, dalla capacità di far emergere dall’arido elenco dei 26 punti gli assi principali attorno ai quali essi ruotano: formazione (dagli asili all’università, alla formazione permanente, alla cultura diffusa….), distribuzione del reddito (dalla progressività fiscale agli investimenti sulla sanità per renderla gratuita ed eguale nei territori, al reddito di cittadinanza migliorato ed al suo rapporto col lavoro…) alla conversione ecologica (sgravi ed investimenti per un nuovo modello di sviluppo che crei nuovo lavoro e nuovi lavori, una radicale conversione culturale dal Pil al Benessere Equo e Sostenibile…).

Su questi filoni di nuova politica si gioca la vera scommessa di questo governo: convincere gli elettori che il governo nasce non solo per evitare la deriva populista di destra, ma per dare risposte nuove ai problemi che l’hanno generata e, soprattutto, per ricostruire, nel corpo sociale, un nuovo clima di confronto civile e costruttivo che avvicini elettori spinti ieri a contrapporsi con l’ambizione di generare una conversione civile ed umana accanto a quella ecologica.
Il nuovo umanesimo è termine generico, oggi delegato alla religione. Ma solo perché la politica ha rinunciato all’ambizione di cambiare il mondo e si è rinchiusa nel fortino del potere. Potrà sembrare troppo, ma la politica dovrà ricominciare da qui.

Anche soggetti di sinistra faranno parte del governo e penso sia un fatto molto positivo. Non solo per l’importanza dell’unità in questo momento, ma perché questa fase potrà presentare dinamiche nuove da vivere standoci dentro, da protagonisti, insieme agli altri.

Esse riguarderanno il quadro politico italiano e quello europeo nel contesto globale.

La globalizzazione liberista è al limite della sua espansione. Essa ripropone problemi di egemonia economica e militare e spinge il capitalismo, come è già accaduto in altre fasi della storia, verso logiche protezionistiche e conflittuali. Nel nuovo scenario geopolitico l‘Europa potrà essere compressa e frantumata oppure trovare una sua funzione autonoma. La Germania, che finora ha tratto tutti i vantaggi dall’espansione delle esportazioni con i paesi europei ridotti a fornitori subordinati, non potrà da sola reggere lo scontro che si prefigura. Per questo è in atto una ricerca di un nuovo ruolo tra svolta protezionista degli Usa e strategia mondialista della Cina.

Dentro questa ricerca si collocano il ripensamento sui limiti delle politiche di austerità e di liquidità e sulla necessità di agire direttamente sulla domanda e prende corpo, anche tra i popoli, l’esigenza di una Europa indipendente e non subordinata (da una indagine emerge anche con forza una tendenza ad immaginare un ruolo simile a quello della Svizzera…).

In questo contesto, prima di precipitare verso una frantumazione in piccole nazioni, potrebbe riprendere slancio la necessità di rinnovare l’Europa. Un «sovranismo europeo» potrebbe diventare una subordinata/alternativa al rischio di scomparsa nella lotta tra giganti.

Insomma lo scenario europeo può riservare sorprese che occorre far emergere.

L’Italia, in questo scenario, resterà a guardare? La nuova fase che si apre oggi potrebbe accelerare il processo di ristrutturazione delle forze politiche in corso da anni.

Oggi cominciano a manifestarsi movimenti e critiche a questo governo da parte di organi di informazione ed opinion makers legati a gruppi di potere, mentre a livello più politico prendono sempre più corpo intenzioni di dare vita a nuove forze politiche di centro. Vedremo dove si spingeranno, in quali modi e tempi.
Il rischio che l’operazione M5s-Pd- Leu si dimostri essere solo un tentativo di autoconservazione di ceto politico c’è. Ma c’è anche una occasione-speranza: che abbattendo il muro che ha separato artificialmente un’area progressista ampia con tanti tratti comuni si possa favorire la circolazione di relazioni umane, politiche, sociali.

Si potrebbe, così, creare un terreno favorevole per costruire non una forza (inutile e dannoso correre verso soluzioni organizzative o alleanze politiche non maturate nella società), ma una comunità relazionata di soggetti che vivono dentro le principali formazioni e sparsi tra movimenti, associazioni, volontariato ambientale e sociale. Insomma prepariamoci a vivere una fase di passaggio. Lo scampato pericolo non è alle spalle. Ma un futuro diverso dipende anche da noi.

Non ci resta che provarci.