I sindacati maggiori della scuola si stanno invece mobilitando contro il blocco del contratto nella scuola. Flc-Cgil, Cisl e Uil scuola hanno lanciato la campagna #Sbloccacontratto, una raccolta di firme del personale della scuola. Secondo la Uil dal 2015 non varrà più l’anzianità dei docenti e fino al 2018 non partirà il meccanismo degli aumenti per merito. Per i docenti si prospetta zero euro di aumento in busta paga per altri tre anni. Il governo Renzi risparmierebbe sulle loro spalle un miliardo di euro.

Una situazione che aggraverà la situazione economica non certo rosea dei docenti che guadagnano in media il 30% in meno rispetto ai loro colleghi europei, e metà di quelli tedeschi. Per l’Anief entro tre anni i docenti (fissi o neo-assunti) verranno ridotti alla condizione di un nuovo proletariato cognitivo. Un destino riservato a molti statali, ma non alle forze dell’ordine che con tutta probabilità otterranno gli aumenti negati agli altri. Una discriminazione che fa indignare il mondo della scuola.

A dimostrazione della rinnovata centralità politica del salario degli insegnanti – sul quale il governo Renzi intende realizzare il suo progetto di austerità e spending review – si può citare anche una previsione della Gilda. Un docente che, a settembre 2016, entrerà nella classe di anzianità “21”, dovrà attendere il 2018 per ottenere di avere il miniscatto da 60 euro promesso da Renzi in base al suo merito. E il 2021 per ottenerne altri 60. Ma sempre che rientri nella quota prestabilita in maniera arbitraria del 66% dei docenti meritevoli.

Nel frattempo avrà perso oltre 5 mila euro tra il 2016 e il 2021 (120 euro al mese dal 2016 al 2018 e 60 euro al mese dal 2018 al 2021). Se, invece, non avrà maturato gli “scatti di competenza” perderà una cifra ancora superiore. Il risparmio così realizzato dal governo sul suo salario verrà giustificato in base alla meritocrazia, intesa come una forma di giustizia trascendentale inappellabile, e non per quello che è concretamente: l’esproprio del valore del lavoro di un insegnante da parte dello Stato.

Di tutt’altro taglio è la critica della destra berlusconiana che con l’ex ministro Gelmini, che ha tagliato 8,4 miliardi di euro alla scuola e 1,1 all’università, coglie un punto rilevante del «patto educativo» Renzi-Giannini. Per Gelmini il governo «sbaglia se assume i precari». Il giudizio non è dovuto solo al significato personale attribuito al concetto di “meritocrazia” (i precari non sarebbero “meritevoli” dell’assunzione, dicono Capezzone e Gardini di Forza Italia). Gelmini sostiene che la sua «riforma» ha abbassato il rapporto studente/docente tagliando le cattedre. Renzi invece lo aumenterà, ma solo 50 mila docenti (su 150 mila) troveranno una cattedra. Non ripristinando i posti tagliati, l’attuale governo sta facendo un’altra operazione: 100 mila persone assunte nel 2015 costituirà un esercito cognitivo di riserva e risponderà alle esigenze dei presidi, non a quelle della didattica o degli studenti. Gelmini ha confermato il suo parere positivo sul resto della riforma che risponde ai criteri da lei stabiliti nell’ex disegno di legge Aprea. Una riforma da “larghe intese”.