La Procura di Brescia, nell’ambito di un’inchiesta per disastro ambientale, ha disposto il sequestro della Caffaro, storica azienda nel cuore della città. Dal 2003, l’area è perimetrata come Sito di interesse nazionale. I Sin vanno bonificati, a causa della quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell’impatto sull’ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali. Ma il provvedimento eseguito a Brescia dai carabinieri Forestale e disposto dal gip Alessandra Sabatucci su richiesta del sostituto procuratore Donato Greco e dell’aggiunto Silvio Bonfigli, non guarda al passato: il 9 febbraio 2021 la Caffaro è stata sequestrata perché l’inquinamento dell’impianto contiua, con valori di cromo e mercurio ben al di sopra dei parametri di legge. È stato così nominato un custode giudiziario, un funzionario del ministero dell’Ambiente, che dovrà garantire il mantenimento attivo della barriera idraulica che impedisce ai veleni di raggiungere la falda cittadina.

Nel corso di una conferenza stampa, ieri mattina il procuratore capo di Brescia Francesco Prete ha spiegato il sequestro: «Abbiamo rimesso in piede un puzzle non facile da ricostruire. Caffaro è una questione difficile da comprendere, gestire e risolvere. È un carcinoma al centro della città e va estirpato». Prete ha anche aggiunto: «Credo che la contestazione del reato di disastro ambientale faccia ben capire la gravità della vicenda. Fino a gennaio scorso il superamento dei limiti di inquinante è stato molto alto».

Silvio Bonfigli ha spiegato che l’indagine è stata molto complessa, «innescata dalle comunicazioni di Arpa del 2019», sottolineando come questa inchiesta «parla al presente e dell’inquinamento oggi in atto e non dello storico», perché anche mentre era in corso la conferenza stampa «il cromo esavalente percola. Abbiamo visto il mercurio che galleggia sul suolo – ha aggiunto Bonfigli – e la situazione è inquietante».

La conclusione è obbligata: «Bisogna intervenire per mettere in sicurezza la falda. Immediatamente. Poi si discuterà della bonifica», dopo la firma – nel novembre del 2020 – dell’accordo di programma quadro tra Stato, Regione Lombardia e Comune per la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica, un piano da 85 milioni di euro messi tra Regione e Governo. Il sequestro è salutato dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa: «Quanto sta accadendo in queste ore nel SIN Caffaro di Brescia è frutto di due anni di indagini e di lavoro incessante per riscrivere la storia di quel sito, che tanto dolore ha causato a migliaia di cittadini. Li incontrai il 20 novembre 2018 in un lungo pomeriggio di racconti e mi portarono dati denunce analisi cliniche. La Procura distrettuale della Repubblica di Brescia, Arpa e i Carabinieri forestali, che ringrazio, hanno compiuto un lavoro certosino e oggi le indagini danno ragione a quei cittadini». Il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Morassut, ha sottolineato l’impegno a non interrompere le attività a tutela della falda, in particolare la manutenzione della barriera idraulica «che impedisce alle acque inquinate dalle sostanze tossiche rilevate di disperdersi nel sottosuolo e nelle acque di falda».

Il problema della Caffaro, infatti, non riguarda solo l’area dello stabilimento industriale ma tutta la città. Lo sappiamo da vent’anni, da quando nell’ottobre del 2001 Marino Ruzzenenti pubblicò il suo libro «Un secolo di cloro e … Pcb. Storia delle industrie Caffaro di Brescia» (Jaca Book), denunciando la presenza in vasta aree della città di concentrazioni oltre i limiti di legge di diossine e PoliCloroBifenili, sostanze chimiche cancerogene fuorilegge dal 1985.

Lo ha ribadito anche tre settimana fa, in un’intervista al manifesto dopo che il rapporto di un gruppo di università spagnole aveva messo la città lombarda in testa a quelle europee per decessi causati dalla cattiva qualità dell’aria. «Ben venga un intervento deciso della magistratura che riaccende i riflettori sull’eccezionale gravità del Sito inquinato di interesse nazionale Caffaro, da vent’anni abbandonato ad una sostanziale incuria da parte delle istituzioni – commenta oggi Ruzzenenti -. La magistratura provvederà, si spera, alla tenuta in sicurezza d’emergenza della falda e del sito industriale, evitando che continuino fonti attive di sversamentio di inquinanti in ambiente. Ma è intollerabile che nulla ancora si preveda per la bonifica del sito esterno allo stabilimento dove decine di migliaia di cittadini continuano ad essere esposti a PCB e diossine presenti nei loro orti e giardini a livelli analoghi a quelli di Seveso. Questo sequestro deve essere la molla perchè finalmente venga affrontato seriamente il tema della bonifica dell’intero Sito Caffaro».