Inps nel caos più totale a causa delle ingerenze politiche. Senza un presidente da un mese e ancora senza commissario, è pronto a chiedere indietro soldi ai pensionati. Ma solo dopo le elezioni europee.
Il lungo tira e molla fra M5s e Lega su chi dovesse avere la presidenza dell’Istituto nazionale per la previdenza sociale va avanti senza soluzione. E ieri si è arricchito di un nuovo colpo di scena. Mauro Nori, il candidato leghista alla successione di Boeri che si era dovuto accontentare di fare il vicepresidente per l’intransigenza del M5s nel volere Pasquale Tridico a capo dell’istituto, ha deciso di chiamarsi fuori. «Ringrazio tutte le persone che mi hanno manifestato la loro fiducia, ma non sono disponibile ad assumere alcun incarico all’Inps», scrive in una nota -. Auguro che l’istituto riesca a superare brillantemente un periodo particolarmente difficile della sua lunga storia».
Dietro il «no» di Nori – direttore generale dal 2010 al 2015 con la spilletta sulla giacca del litigio con Elsa Fornero riguardo alla divulgazione della stima di 300mila esodati – ci sono ragioni di deleghe chieste e non ottenute assieme – pare – a ragioni di compenso. La suddivisione delle competenze tra presidente e vice – in realtà ora fra commissario e sub-commissario – era stata chiesta da Nori come condizione per accettare la diminutio: ma Tridico (che continua ad entrare nell’istituto da «visitatore» non avendo formalmente alcun incarico) si è assicurato tutte le deleghe pesanti a partire dalla gestione di reddito di cittadinanza e Quota 100 e non ha intenzione di rinunciarvi.
Dal 16 febbraio dunque l’Inps è senza guida. In un primo momento la scelta era caduta sulla coppia Pasquale Tridico commissario e Francesco Verbaro sub commissario in quota Lega, ma poi il decreto predisposto dal ministro del Lavoro Luigi Di Maio non era mai stato controfirmato dal ministro dell’Economia Giovanni Tria per problemi legati ai compensi destinati ai due designati e ad altre questioni di carattere personale che avevano portato Verbaro a rinunciare. La Lega a quel punto aveva deciso di tornare su Nori ma la procedura per la nomina di Tridico e Nori non è mai partita dagli uffici di Di Maio.
La nomina del commissario e di un suo vice sarà transitoria in attesa del varo definitivo della nuova governance dell’Istituto che prevede il ritorno del Cda come stabilito dal decreto sul reddito e quota 100 attualmente all’esame del Parlamento. Anche se con tutta probabilità il commissario assumerà poi la carica di presidente e il sub quella di vice presidente. Anche l’emendamento al decreto che prevedeva la reintroduzione della figura del vicepresidente è ancora al palo. Ora la Lega dovrà per forza ripiegare su esponenti di seconda fascia.
Sul rinnovo dei vertici «il tempo è ormai scaduto», attacca il presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza Guglielmo Loy che chiede al governo «rispetto» per l’istituto, i suoi lavoratori e tutte le persone che hanno bisogno di interagire con l’Inps.
Un rispetto che di certo non avranno i milioni di pensionati che dovranno ridare parte dei loro assegni. Il blocco della rivalutazione previsto in legge di bilancio – in tre anni 2,3 miliardi di tagli – che doveva partire dal primo gennaio non è avvenuto nei primi tre mesi – gennaio, febbraio, marzo – perché l’Inps non ha ricevuto in tempo dal governo le tabelle con le percentuali da applicare alle varie fasce di assegni. Ora il governo ha deciso che gli effetti del blocco della rivalutazione saranno recuperati, sì, ma solo dopo le elezioni europee, per non far perdere voti alle forze di governo. La denuncia arriva dallo Spi Cgil: «Il governo vuole prendersi 100 milioni di euro direttamente dalle tasche dei pensionati subito dopo le elezioni europee», scrive sui social il segretario generale Ivan Pedretti. «È davvero incredibile, faremo di tutto per non permetterglielo», annuncia Pedretti. Il tutto avviene da parte del governo che aveva definito «avari» i pensionati e che adesso si comporta molto peggio.