Dopo 22 anni di carcere da innocente, vittima di un clamoroso errore giudiziario, aggravato per giunta da una confessione strappata con la violenza e con la tortura – legato mani e piedi a una sedia, e per dieci ore picchiato e minacciato di morte con una pistola che gli graffiava le guance – ora Giuseppe Gulotta chiede all’Arma dei carabinieri e alla presidenza del Consiglio dei ministri oltre 66 milioni di risarcimento. Nell’atto, depositato al tribunale di Firenze dagli avvocati Baldassare Lauria e Pardo Cellini, viene citata l’Arma anche per responsabilità penale. “E’ stata la stessa Cassazione a dire di rivolgerci all’Arma per il risarcimento – ha spiegato Lauria al quotidiano La Nazione – perché il giudice ha sbagliato a causa della falsa confessione estorta”.
Arrestato e condannato all’ergastolo, quando aveva 18 anni, per l’omicidio di due giovani carabinieri della caserma di Alcamo Marina del 26 gennaio del 1976, Gulotta fu assolto dalla Corte d’appello di Reggio Calabria, dopo una lunga serie di processi e, appunto, 22 anni in carcere. “I giudici stabilirono che la confessione fu estorta, e fu riconosciuto un risarcimento di sei milioni e mezzo con una provvisionale di 500mila euro – prosegue Lauria – perché si poteva liquidare solo l’indennizzo per i giorni espiati ingiustamente”.
Al tempo stesso i giudici motivavano che i loro colleghi avevano sì sbagliato, ma solo a causa di una condotta illecita di altri. Cioè dei militari. “Infine agiamo contro la presidenza del Consiglio dei ministri – chiude il legale – perché rappresentante di uno Stato che ha omesso di adempiere agli ordini internazionali: l’Italia nel 1984 firmò la convenzione di New York per la prevenzione della tortura in cui si impegnava a codificare il reato. Ma lo ha fatto solo nel 2016”. Il processo di revisione per Gulotta si chiuse sette anni fa, 36 anni dopo il suo arresto. Sempre nel 2012 si chiuse con l’assoluzione anche il processo di revisione per Gaetano Santangelo e Vincenzo Ferrantelli, presunti complici, fuggiti in Brasile per 22 anni. Assolto con revisione anche Giovanni Mandalà, che morì innocente in carcere nel 1998.