Sgomento, dolore, mobilitazioni e molte polemiche. Davanti all’orrore dell’ultima immane strage marina annunciata, sono in molti oggi a costernarsi, indignarsi e impegnarsi, attendendo di contare domani quanti getteranno la spugna con gran dignità. Con un sit-in davanti alla Camera, ieri sera Amnesty International Italia ha chiesto appunto a partiti e istituzioni di prendersi qualche responsabilità sostituendo «le espressioni di sgomento con azioni concrete per garantire un viaggio sicuro a chi non può fare altro che fuggire dal suo Paese, piuttosto che investire energie politiche e risorse economiche per chiudere loro le frontiere». Lo stesso proposito che ha ispirato la giornata di mobilitazione nazionale proclamata per l’11 ottobre da Cgil, Cisl e Uil.
Per evitare tragedie di questo genere basterebbe, come chiedono molte organizzazioni umanitarie, che l’Europa attivasse l’accoglienza di profughi e rifugiati fin dai paesi d’origine o di transito, come la Libia, con cui invece i governi italiani hanno sottoscritto accordi criminali. Ma in Italia sotto accusa in queste ore c’è anche la famigerata legge Bossi-Fini della cui esistenza probabilmente sono totalmente ignari i migranti in fuga attraverso il Mediterraneo ma pur sempre responsabile di aver introdotto il reato di clandestinità e dunque di favoreggiamento (deterrente in mare per non prestare soccorso), e anche del clima avvelenato e xenofobo. Sono in molti a chiedere di nuovo ora di abrogarla per tornare almeno al testo della precedente Turco-Napolitano, ma finora nessuna delle varie proposte di legge depositate in parlamento è mai stata calendarizzata.
E nemmeno il quesito referendario che andava esattamente in questa direzione, proposto insieme ad altri 11 dai Radicali italiani, ha raccolto sufficienti firme per superare il quorum delle 500 mila (solo i sei referendum sulla giustizia, quelli firmati dal Cavaliere, lo hanno raggiunto). «La sinistra e i progressisti hanno perso un treno importante – attacca il segretario Mario Staderini – il Pd ha praticato un ostracismo silenzioso ma inespugnabile mentre il sostegno formale di Sel, Rifondazione e Socialisti non si è tradotto nelle firme promesse. Alla fine, tra le quasi 200 mila firme depositate in Cassazione c’è persino quella di Silvio Berlusconi ma non quelle di Guglielmo Epifani, Matteo Renzi e Laura Boldrini». Ecco, appunto: per i Radicali il problema è proprio «lo scontro ideologico» attorno al nome del Cavaliere «che non porta a nulla e che si nutre delle tragedie che avvengono in mare come dell’esasperazione xenofoba di fatti di cronaca nera». Ma è una lettura troppo semplicistica, solo in parte vera. Piuttosto l’iniziativa dei Radicali è parsa subito inutile e destinata al fallimento, ad alcune delle associazioni che si occupano da sempre di immigrazione, e che non a caso non hanno partecipato né alla stesura del quesito né alla campagna referendaria. Troppo delicato a difficile l’argomento per una popolazione abituatata da anni a criminalizzare la condizione di clandestinità e perfino di immigrazione. C’era bisogno di dedicare maggiore attenzione al quesito inserito invece in un pacchetto troppo ampio dagli stessi promotori del referendum che a volte sono parsi, agli occhi delle associazioni di sinistra, più attenti a promuovere la loro iniziativa a qualunque costo. «Il dibattito pubblico si conquista proprio raccogliendo le firme – ribatte Staderini – come hanno fatto alcune organizzazioni come Prendiamo la parola o LasciateCiEntrare, o come hanno tentato di fare, purtroppo a titolo personale, i responsabili immigrazione della Cgil e dell’Arci, Piero Soldini e Filippo Miraglia, e il giurista Fulvio Vassallo Paleologo che ha scritto i quesiti. Renzi ci ha sempre risposto che le leggi si cambiano in Parlamento. Ora è il momento di dimostrarlo».