Lo stand di Altaforte è fuori dal Lingotto di Torino. Un mucchio di ferraglia sopra un bancale di legno. È rimasta soltanto l’insegna gialla a testimoniare una provocazione che alla fine non c’è stata. Il Salone del Libro ha aperto ieri mattina, depurato dalle presenze neofasciste e pieno di scolaresche in visita, oltre che di visitatori “semplici” disposti a passare una giornata a camminare in lungo e in largo per poi uscire con il portafogli svuotato e chili di libri nelle sporte rigorosamente marchiate da una qualche casa editrice.

È IL SOLITO SALONE: extralarge, ingombrante, con le code agli ingressi e davanti ai punti di ristoro, gli incontri nelle varie sale, i personaggi dell’universo letterario italiano che si aggirano e qualche volta vengono fermati dai giornalisti e dai blogger (ce n’erano in gran quantità) per un’intervista, una dichiarazione, al limite un selfie. Dove inizialmente era previsto lo stand di Altaforte adesso non c’è niente, ma la differenza non si noterebbe comunque: la calca in quella zona del terzo padiglione era tutta per il rivenditore di hamburger e patatine fritte.

Ai cancelli del Lingotto, a un certo punto, si è presentato pure Francesco Polacchi, il titolare della casa editrice vicina a CasaPound. Un’occasione buona per farsi qualche foto e qualche video da postare sui social network perché, perduta la piazza reale, resta sempre quella virtuale per annunciare che la presentazione del famigerato libro su Salvini verrà presentato lo stesso a Torino, sabato, in un luogo ancora da definire.

 

LO STESSO SALVINI – che alla vigilia dell’apertura del Salone aveva scaricato i camerati di CasaPound in diretta televisiva, parlando di un ipotetico sgombero a Roma e negando di aver firmato contratti con Altaforte – alla fine si trova a gridare alla censura. L’esclusione dell’editore sovranista, chiesta e ottenuta infine dal sindaco di Torino Chiara Appendino e dal governatore piemontese Sergio Chiamparino, ha già fatto discutere più del dovuto, e così le parole del ministro rimbalzano stancamente dentro al Lingotto, destando al massimo qualche sopracciglio alzato tra gli organizzatori. «Siamo nel 2019 – ha detto il leader leghista – e alla censura dei libri in base alle idee: i roghi in passato non hanno mai portato fortuna. Alla faccia dei democratici che decidono chi può andare al Salone e chi invece deve essere escluso».

IN APERTURA DI GIORNATA, al Salone, è intervenuta Halina Birembaum, poetessa e scrittrice ebrea di origine polacca, una delle ultime superstiti di Auschwitz. È stata lei, di fatto, a seppellire Altaforte, dicendo agli organizzatori che avrebbero dovuto scegliere tra la sua presenza e quella dei neofascisti. «Sono riuscita a sopravvivere e vedere un mondo diverso, non sarei qui se non avesse perso l’idea fascista, nazista del nuovo ordine in Europa», ha detto lei, chiudendo definitivamente il discorso.

A SORPRESA – anche se non dovrebbe essere così – la scelta di buttare fuori i fascisti ha incontrato il favore del ministro della Cultura Alberto Bonisoli, presente ieri all’inaugurazione, che ha dichiarato di essere «al cento percento d’accordo» con la scelta di Appendino e Chiamparino. «Mi fido della città di Torino – ha aggiunto -. Se questa è la scelta sarà stata la cosa giusta». Il direttore Nicola Lagioia ha poi chiarito definitivamente la posizione della direzione editoriale del Salone: «Il Salone accoglie tutte le opinioni, però c’è un limite che è quello dell’apologia di fascismo e dell’odio etnico e razziale che si devono mettere fuori».

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, infine, con un messaggio inviato allo stesso Lagioia ha dato il suo sostanziale beneplacito alla gestione della vicenda, citando Primo Levi e «la necessità di non dimenticare ciò che è avvenuto negli anni della Seconda Guerra Mondiale come tragica conseguenza del disprezzo dei diritti di ogni persona».

Intanto il Salone ha riconquistato tutti gli scrittori che avevano annunciato la propria assenza per protestare contro Altaforte: «I nazisti stanno a casa e quindi ci vediamo al Salone», ha scritto su Twitter Zerocalcare. Il collettivo di scrittori bolognesi Wu Ming, invece, con un post sul proprio blog hanno riassunto i motivi per cui si può parlare di vittoria e hanno stilato un elenco di suggerimenti e di buone pratiche per affrontare al meglio situazioni come quella che si è venuta a creare a Torino. I gruppi neofascisti, ormai, hanno imparato alla perfezione come ci si infila nelle falle del sistema ed è scontato che proseguiranno su questa strada, di provocazione in provocazione. Il Salone, però, li ha fermati.