Alberto Michelini, ex direttore del Centro nazionale terremoti dell’Ingv, sappiamo già che la scossa di 6,5 gradi di magnitudo momento (6,1 magnitudo Richter o locale) è la più forte mai registrata in Italia dal 1980. Un altro mainshock di un “terremoto e puntate” ?
È un altro importante evento della stessa sequenza sismica che si è articolata nel mainshock del 24 agosto e in una fase parossistica cominciata il 26 ottobre, con l’evento di Visso. Siamo di fronte all’attivazione di un sistema di faglie che, in modo abbastanza standard direi, produce una sequenza che via via si estende in volume.
Dunque non è anomalo che l’epicentro si sia registrato più a sud rispetto alle precedenti scosse?
La normalità con i terremoti è difficile trovarla. Ma in un certo senso ci ha sorpreso che anche quest’ultimo shock si sia attivato all’interno dello stesso volume interessato dalla precedente attività, ossia quello con una superficie di 60 km per 30/40 km e con una profondità fino a 12-15 km. Il problema è che noi non sappiamo esattamente qual è lo stato di stress e di deformazione interna a questo volume perché ahimè non abbiamo un accesso diretto.
Si parla di nuove faglie attivate che renderebbero instabile tutto il centro Italia. È così?
All’interno del volume in cui si sta registrando la sequenza non c’è una singola faglia ma tante diverse, alcune più grandi, altre più piccole. Sono faglie preesistenti che si sono attivate e sulle quali avvengono, come si dice in gergo tecnico, delle «dislocazioni». In sostanza, i blocchi a contatto con la faglia si spostano, scivolano l’uno sull’altro, e ovviamente ai loro margini c’è una redistribuzione e accumulo degli sforzi che si propagano ai blocchi contigui. Nel terremoto di domenica, secondo le nostre analisi, sulla faglia lunga circa 25 km c’è stato uno spostamento massimo di circa due metri.
Ecco perché in modo particolare durante questo sisma si sono evidenziate spaccature della crosta terrestre e perfino delle montagne?
Sì, soprattutto le fratture che sono state identificate sul Monte Vettore e sul Monte Bove, le due montagne immediatamente a est dell’epicentro, sembrano l’evidenza in superficie della faglia, con dislocazioni dell’ordine di mezzo metro. Ma le stiamo ancora studiando. Tenga anche presente che questo terremoto è stato cinque volte più forte di quello di Amatrice del 24 agosto.
Quanto è durata la scossa di domenica?
Bisogna distinguere la durata sismologica, che è stata di 8-10 secondi, ed è il tempo che ci impiega la faglia a rompersi tutta, da quella dello scuotimento percepito che può essere molto più lunga, a seconda del luogo. Infatti dalla faglia si emanano due tipi di onde sismiche che si propagano a differenti velocità.
Quindi è plausibile che in alcuni casi sia durata molto di più?
Sì, se le onde rimangono per cosi dire “intrappolate” in una strato di sedimenti soffici, come nella conca di Norcia, lo scuotimento può durare più a lungo.
È possibile che nuove faglie si possano attivare anche in regioni limitrofe?
Ahime sì. D’altronde è successo anche nella serata del 26 ottobre, con le scosse di 5,4 e 5,9 che hanno danneggiato anche Camerino: si è attivata una zona più a nord dell’area colpita fino a quel momento.
È d’accordo con chi afferma che questo rilascio “graduale” di energia è una fortuna?
Assolutamente sì, questa frammentazione della sequenza in diversi eventi principali sicuramente ha attutito l’impatto. Parliamoci chiaro, è un miracolo che domenica nessuno sia morto.
Il che dimostra che non è il terremoto che uccide ma le case…
Certo, questo è il nostro mantra. L’importante non è fare previsione, ma assicurarsi di poter dormire in una casa sicura. Se si corre dietro a chi prevede terremoti non andremo lontano. Ma è importante continuare a studiarli. L’unica maniera per venirne fuori però è con la consapevolezza di vivere in un Paese sismico per l’80% del suo territorio.