«Non so più niente di lui, sto morendo di paura», dice Maria Clara. Suo fratello, l’ingegnere civile Fulgencio Obiang Esono, 48 anni, originario della Guinea equatoriale ma cittadino italiano residente a Pisa – dove abita anche la sorella Maria Clara con i figli – è sparito, si teme precipitato nell’inferno che tiene in ostaggio il suo Paese, il più corrotto e dispotico dell’intera Africa subsahariana.

Di Fulgencio la sorella non ha più notizie dal 18 settembre. «Era appena atterrato a Lomé, non in Guinea ma in Togo, dove era stato chiamato per un colloquio di lavoro – racconta – mi ha mandato un messaggio vocale per dirmi che il volo era andato bene, tutto a posto. Poi più nulla». La sorella, che ha sporto denuncia per la scomparsa e anche chiamato il programma Chi l’ha visto?, non sapendo a chi altro rivolgersi, non ha idea di cosa gli sia successo. «Per quanto ne sappiamo Fulgencio è in pericolo – dice l’avvocata della famiglia, Corrada Giammarinaro – ma non ne sappiamo i contorni. Non sappiamo se è stato rapito, da chi, né dove si trova. Serve cautela, è un momento molto delicato».

In Guinea equatoriale basta poco per sparire in una putrida cella del tristemente noto carcere di Black Beach di Malabo, dove vengono torturati e rinchiusi gli oppositori dell’eterno presidente Teodoro Obiang Nguema, al potere dal lontano 1979 con tutta la sua dinastia di figli e parenti che occupano ministeri e posti chiave. Fulgencio era espatriato da giovane, aveva fatto l’università a Pisa, dove aveva avuto tra i compagni di corso Andrea Serfogli, candidato sindaco del Pd nella città della Torre pendente alle ultime comunali, vinte dalla Lega. Fulgencio aveva accettato di correre con lui nella lista apparentata. Poi era tornato a cercare un lavoro, forse voleva trovarlo più vicino alla moglie e ai figli rimasti a vivere in Africa.