Grazie a un’iniziativa intrapresa dal Governo durante il semestre di presidenza italiana del Consiglio dell’Unione europea, oggi il Consiglio Affari Generali si riunirà a Lussemburgo per discutere della condizione dello stato di diritto nell’Ue: un fronte da presidiare con forza e convinzione ancora maggiori alla luce degli attentati di Parigi. L’affermazione di diritti e democrazia a partire dai nostri Paesi è infatti la prima fondamentale risposta alla minaccia del terrorismo, ma è anche la base per una reale integrazione politica, senza cui l’Unione europea non sarà mai all’altezza delle sfide globali che ne insidiano sicurezza e rilancio economico.

Quello di oggi, dunque, è un appuntamento importante, se gli Stati membri lo affronteranno con la volontà politica all’altezza del tema. Per l’Italia può essere un’occasione per fare il punto sulla grave posizione del Paese in Europa e avviare un percorso, non più rinviabile, di rientro nella legalità e di riaffermazione del primato del diritto europeo su leggi e regolamenti nazionali.

L’impegno annunciato dal sottosegretario Sandro Gozi, e in parte già avviato dal Governo su questo tema, è indubbiamente un segnale positivo. Tuttavia i “piani di rientro” sono efficaci solo se prevedono obiettivi espliciti in tempi certi sui quali misurare i risultati. Per questa ragione crediamo che il Governo debba assumere maggiori impegni affinché l’Italia abbandoni il sistematico e triste primato sia di procedure d’infrazione ancora pendenti, sia di condanne della Corte di Giustizia; un record che danneggia seriamente la nostra reputazione, se è vero che la credibilità nei confronti degli altri Stati si misura anche dall’osservanza del diritto europeo.
Nel 2014, con 89 procedure di infrazione pendenti, l’Italia ha raggiunto nuovamente, insieme alla Grecia, la testa della classifica dei contenziosi aperti dalla Commissione europea; una leadership non invidiabile che il nostro Paese detiene sin dal 2002 e che si è vista sottrarre solo in due occasioni dalla Francia. Anche la graduatoria delle condanne della Corte di Giustizia Europea vede l’Italia in cima con 34 collezionate dal 2010 al 2014 e ben 72 dal 2005 al 2009 su 117 deferimenti.

L’Italia, inoltre, ha già subìto dalla Corte quattro condanne pecuniarie per le cause sugli aiuti concessi per interventi a favore dell’occupazione; sulle 198 discariche abusive; sulla cattiva gestione dei rifiuti in Campania e sulle riduzioni e sgravi dagli oneri sociali concessi a una serie di imprese di Venezia e Chioggia. Dai dati della Commissione europea, forniti il 30 settembre 2015, emerge poi che il nostro è il paese Ue che ha pagato le multe più salate: ben 152.585.000 euro, contro gli 88.520.850 della Francia e i 53.900.000 della Spagna.

Questi numeri, allarmanti, non testimoniano l’inosservanza di norme burocratiche o astratte, ma incarnano la violazione sistematica dei diritti fondamentali su questioni che – dall’ambiente, alla salute, ai servizi – incidono profondamente sulla qualità della vita (e sulle tasche) dei cittadini.

In vista della riunione del Consiglio Affari Generali, come Radicali Italiani abbiamo chiesto al Governo di fissare alcuni obiettivi precisi e significativi come la chiusura, entro la fine del 2016, di almeno la metà delle procedure di infrazione ancora pendenti e l’osservanza delle sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione europea che, ancora oggi, prevedono il pagamento di multe e di quelle che, se non rispettate, comporterebbero nuovi deferimenti e quindi il rischio di ulteriori e ingenti sanzioni economiche.

Riteniamo inoltre necessario che il Governo renda pubblici tutti i documenti ufficiali relativi alle varie fasi di contenzioso con la Commissione europea, così da permettere ai cittadini di monitorare lo stato delle procedure e il lavoro per il rientro nella legalità. Solo attraverso impegni puntuali, chiari e concreti sarà possibile intraprendere un percorso reale ed efficace verso lo Stato di diritto.

*segretario dei Radicali italiani