Concentrata sui vincoli dell’economia e sulla crisi istituzionale dell’Unione, l’Italia sembra aver perso di vista le sue «falle» rispetto all’effettiva integrazione europea.
Le statistiche ufficiali più recenti ci mettevano in vetta agli Stati “fuorilegge” insieme alla Grecia davanti a Spagna, Belgio, Polonia, Francia e Romania. Più virtuosa di tutti la Croazia (per altro appena entrata in Europa) insieme a Malta, Danimarca e ai Paesi Baltici. Sono complessivamente 1.347 le procedure d’infrazione, in netto calo rispetto alle 2.100 registrate nel 2010.
Ma palazzo Chigi deve versare più di 180 milioni di euro all’anno di contravvenzioni Ue, mentre il 16 giugno la Commissione europea ha pubblicato le ultime decisioni in materia di infrazione: Roma incassa quattro archiviazioni e una costituzione in mora. Così restano 82 le procedure aperte nel contenzioso che oppone i ministeri italiani all’Europa.

L’ultimo caso riguarda la messa in mora dell’Italia per violazione del diritto Ue: «Mancata trasmissione del programma nazionale per l’attuazione della politica di gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi». Doveva essere presentato la scorsa estate, ma il documento del governo italiano è arrivato solo a febbraio. Peccato che l’Ue abbia evidenziato un “buco” preoccupante: assente la Vas, valutazione ambientale strategica. Per di più non c’è traccia delle considerazioni ambientali prima dell’attuazione del piano di smaltimento dei rifiuti nucleari. E, soprattutto, manca la consultazione pubblica sui siti destinati allo stoccaggio.

Nel corso di quest’anno gli organismi di Bruxelles hanno messo nel mirino il governo Renzi per altri 13 casi di mancato rispetto della normativa europea.
Sulla libera circolazione delle merci l’Italia arranca. In particolare, l’Europa richiama Roma a causa delle «limitazioni eccessive» nell’utilizzo degli animali nelle sperimentazioni scientifiche. Colpa della normativa troppo drastica che ha innescato le proteste degli enti di ricerca italiani, penalizzati rispetto ad altri Stati membri con meno limiti in materia.

Apparentemente tecnica, in realtà connessa all’attuale «trattativa» sugli assetti delle banche, la procedura di messa in mora per mancato recepimento di quattro direttive (2013/50/UE più quelle della Commissione emesse fra il 2003 e il 2007). Si tratta degli obblighi di trasparenza sulle «informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato». In buona sostanza, è il prospetto che occorre al momento dell’offerta pubblica di strumenti finanziari. Dunque, vendita e acquisto di titoli, azioni, obbligazioni. Un segmento finanziario delicato, a maggior ragione con la crisi che attanaglia non soltanto le banche.

Altrettanto significativo il contenzioso per i diritti d’autore su opere musicali on line. L’Italia non ha ancora recepito la direttiva numero 26 del 2014 con cui Parlamento e Consiglio europeo hanno fissato i criteri della licenze multi-territoriali. E sempre quest’anno si sono accesi i riflettori anche su fiscalità e dogane, per quanto riguarda i rapporti fra società-madri e “filiazioni” in Stati membri diversi. È un bel problema per la galassia delle holding, l’architettura imbastita dai commercialisti di fiducia e il diritto fiscale all’ombra dei confini.

Meno eclatanti ma altrettanto impegnative le procedure aperte nel campo della sicurezza degli ascensori, contatori dell’acqua, esplosivi per uso civile e compatibilità elettromagnetica.
Tuttavia, palazzo Chigi non ha ancora risolto altri 11 casi di infrazione che risultano aperti fin dal 2015. Non si tratta di dossier burocratici né di semplici interpretazioni giuridiche. Al contrario, le violazioni del diritto europeo mettono in primo piano le carenze del Viminale nella rilevazione delle impronte digitali così come stabilito dal regolamento Eurodac. Problemi aperti, poi, per le Regioni: Bruxelles ha evidenziato «violazioni nei piani di gestione dei rifiuti». Il ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti, invece, si ritrova sempre sulla scrivania il richiamo europeo sulla «mancata designazione delle Zone speciali di conservazione» e sulla «mancata adozione» di quanto previsto nella Direttiva Habitat su flora e fauna selvatica.

Fin dal 2014 l’Italia si rivela in difetto nella libera circolazione delle persone. Sotto esame europeo il contributo imposto dal nostro governo per il rilascio del permesso Ue di lungo periodo. Infrazione aperta poi sulla direttiva europea in materia di accoglienza (per i richiedenti asilo) e rimpatri di cittadini con passaporto di Paesi terzi. Non basta: l’Italia non rispetta fino in fondo le regole europee sui minori non accompagnati. E ancora c’è la messa in mora sul mancato recepimento della direttiva 2011/95 che fa scattare la protezione internazionale nei confronti di chi arriva come rifugiato o apolide.
Un lungo elenco che contiene poi “casi” storicamente irrisolti come “allarmi” sul fronte sociale. L’Europa non molla nemmeo su Ilva di Taranto, multe delle quote latte, aiuti concessi a Venezia e Chioggia (costati 30 milioni), discarica di Malagrotta, trasporto pubblico turistico a Roma, emergenza rifiuti in Campania e compatibilità comunitaria della legge Gasparri sulla televisione. Infine, fanno impressione il mancato recepimento della direttiva europea (13 dicembre 2011) che impone agli Stati la «lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile». Senza dimenticare la violazione del principio europeo della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di sicurezza sociale.