Un’esplosione terrificante e poi il fumo, che si alza, come un fungo, a formare colonne bianche che non smettono. E che sono visibili a chilometri di distanza. A seguire altri boati: uno dietro l’altro, nel giro di pochi minuti. Salta in aria un’altra fabbrica di fuochi d’artificio in Abruzzo e i morti sono tre. Succede intorno alle 13,45, in località San Donato di Tagliacozzo, in provincia dell’Aquila. La casamatta dell’azienda pirotecnica Paolelli – rinomata anche fuori regione per la propria attività e che sembra stesse preparando il materiale per alcune manifestazioni estive – si fa inferno. Una deflagrazione, fortissima.

«Come un ordigno», raccontano alcuni testimoni. È il primo di una serie di scoppi, devastanti. E poi le fiamme. E lapilli e pezzi di macerie scaraventati ovunque, tanto da provocare anche l’incendio di un bosco vicino: brucerà un ettaro e mezzo di vegetazione. La corrente elettrica, anche nei comuni vicini, va via. Le finestre di molte abitazioni si frantumano. «Esplosioni violentissime», dice un medico di base in servizio all’ospedale di Tagliacozzo, Pietro Buzzelli. «Abbiamo sentito quei botti – aggiunge un giovane – e siamo usciti. Ce n’è stato un altro, forse il terzo, e ci siamo ritrovati all’improvviso a terra. Il finimondo». La distruzione. Detriti e fuoco, che ben presto si allarga, alimentato dalle polveri usate nello stabilimento. E dall’afa. E, poco dopo, quando il posto è accessibile, la tragedia si svela, comincia la conta delle vittime.

A perdere la vita Valerio Paolelli, figlio del titolare Sergio, rimasto ferito; e poi Antonio Morsani e Antonello D’Ambrosio. Loro non ce l’hanno fatta: sono rimati carbonizzati. Due corpi vengono estratti subito, un terzo è ancora sotto alcune travi quando le ricerche, anche per ragioni di sicurezza, per permettere la bonifica dell’area, vengono sospese. In ospedale, oltre al proprietario dell’impresa, vengono trasportati altri tre uomini: Aurelio Chiarello, di Catania; il napoletano Onofrio Pasquariello e uno straniero, l’algerino Kedhia Sofiane.

«Sono stato il primo ad arrivare, insieme ai carabinieri, ho visto e sentito il terzo botto sul posto, sembrava un terremoto» racconta il sindaco di Tagliacozzo, Maurizio Di Marco Testa. «Dopo il primo scoppio – spiega – ho capito subito che stava saltando la fabbrica. Conosco i titolari, sono balzato sull’automobile e sono andato dritto lì». Non si sbagliava. «La scena che mi sono trovato dinanzi – afferma – era quella di un campo appena bombardato. Comunque – tiene a puntualizzare – i soccorsi sono stati eccezionali».
«Erano in otto, no, forse in nove, a lavorare, all’interno e fuori. In due sono rimasti illesi, un miracolo…»: nel marasma e nella disperazione le cifre si rincorrono, mentre ambulanze, mezzi ed elicotteri, del 118, dei vigili del fuoco, della Forestale e dei carabinieri, vanno e vengono. Per questo dramma del lavoro.

L’incidente di Tagliacozzo è il terzo che si verifica nella Marsica in 15 anni all’interno di aziende pirotecniche. Il primo è accaduto in una fabbrica di Cerchio (L’Aquila) e ha causato un morto e tre feriti, l’altro a Roccavivi di Balsorano (L’Aquila) dove tre operai sono rimasti uccisi. Inoltre succede a poco più di un anno da quello di Città Sant’Angelo (Pescara). Il 25 luglio scorso, infatti, nella frazione di Villa Cipressi esplose la fabbrica di fuochi d’artificio dei fratelli Di Giacomo. E con essa circa cento quintali di materiale pirico.

L’esplosione sventrò una collina e rase al suolo sette depositi. Morirono il giovane Alessio Di Giacomo, di 22 anni; il titolare Mauro Di Giacomo, di 45 anni, papà di Alessio; suo fratello Federico, di 50, e il nipote, Roberto Di Giacomo, di 39 anni. Una famiglia devastata. Tre mesi dopo la quinta vittima: Maurizio Berardinucci, vigile del fuoco di 49 anni deceduto al policlinico Gemelli di Roma dopo atroci sofferenza per le ustioni. Quest’ultimo faceva parte della prima squadra di soccorso e fu travolto da uno degli scoppi.
«Queste fabbriche vanno chiuse, è lo sfogo drammatico urlato su internet, di Patrizia Colatriani, moglie di Berardinucci -. Io ho scrivo quello che penso… Ho perso mio marito che aveva 47 anni. Stava lì per soccorrere. Chi me lo ridà?!..».