Sono la colonna vertebrale del sistema sanitario, lo prova il fatto che l’84,7% degli italiani si fida degli infermieri. L’apprezzamento resta altissimo anche trasversalmente ai diversi gruppi sociali e ai territori, dal nord al sud della penisola, e soprattutto ci sono nove anziani su dieci, i pazienti più assidui per forza di cose, che hanno negli infermieri una fiducia quasi assoluta.

Questa rilevazione è stata condotta dal Censis, per conto della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi, ed è stata incentrata sul «mercato delle prestazioni infermieristiche private e l’intermediazione tra domanda e offerta». La sua presentazione, praticamente in contemporanea con la «Giornata internazionale dell’infermiere», offre non pochi spunti di approfondimento. A partire dal fatto che, per effetto dei continui tagli all’offerta pubblica, nel 2016 ci sono stati 12,6 milioni di italiani e italiane che hanno fatto ricorso a un infermiere privato pagando di tasca propria.

Si tratta di un dato in crescita, cui si accompagna la caratteristica che nel settore si registra un robusto sommerso, visto che la metà degli acquirenti di prestazioni infermieristiche non hanno chiesto la fattura (4,7 milioni in toto e 1,6 milioni in parte). Con il risultato che la spesa privata al nero vale 1,4 miliardi (455 milioni al nord, 150 milioni al centro e 820 milioni al sud e nelle isole).

Ma il vero problema, in un paese che invecchia e con tanti malati cronici, è la debolezza cui è stato ridotto, a causa dei tagli, il settore pubblico. Di fronte al bisogno sempre più pressante di prestazioni infermieristiche – puntualizza il Censis – il sommerso non è un fatto eccezionale ma una variante della più ampia nuova spesa delle famiglie per accedere a servizi di welfare. In altre parole è un modo di trovare nel privato, a prezzi sostenibili, servizi che non trovano o non trovano più nel pubblico.

Più in dettaglio, fra le prestazioni richieste ci sono i prelievi di sangue effettuati in casa (richiesti dal 31,5% dei cittadini che si sono rivolti a un infermiere a domicilio); le iniezioni (23,5%); la misurazione di parametri vitali come la pressione arteriosa (14,3%); le medicazioni (13,5%), le flebo (13,4%) e l’assistenza notturna (4,3%). Da sottolineare che ben 2,3 milioni di italiani/e hanno chiesto assistenza prolungata nel tempo, e in particolare sono 920mila le famiglie con una persona non autosufficiente che hanno fatto ricorso a infermieri pagando di tasca propria.

Di qui, osserva il Censis, emerge la necessità dell’infermiere convenzionato con il servizio sanitario pubblico: ben il 53,8% degli interpellati nella ricerca vorrebbe l’infermiere convenzionato come il medico di base; poi il 38,5% vorrebbe infermieri rintracciabili nelle farmacie; il 19,8% l’abolizione del numero chiuso per l’accesso alle facoltà universitarie di scienze infermieristiche; e il 16,3% incentivi fiscali per aderire a prodotti assicurativi con pacchetti di prestazioni infermieristiche.
Quanto alla ricerca della figura professionale, il 40,3% degli italiani che hanno trovato un infermiere nell’ultimo anno lo ha fatto per conoscenza diretta; il 29,6% grazie a un parente o un amico; il 17% attraverso l’indicazione di un medico; l’8,7% chiedendo in farmacia e l’1,2% con annunci sui giornali o su internet. Cresce anche il ricorso agli intermediari come le cooperative sociali: il 12,1% dei cittadini che avevano bisogno di un infermiere e non sono riusciti a trovarlo – in particolare il 18% delle famiglie con persone non autosufficienti – si è rivolto a un intermediario.