Fatta la legge, bisogna ora trovare l’inganno. Ma non è facile per il Pdl aggirare l’ostacolo del decreto legislativo Monti-Severino che dall’inizio di quest’anno ha reso ineleggibile chi è stato condannato a più di due anni di carcere, come Silvio Berlusconi lo scorso 31 luglio. Messo da parte il problema dell’ineleggibilità sulla base della legge del ’57, congelata la pratica dell’interdizione dai pubblici uffici (si aspetta il ricalcolo della Corte d’appello, la giunta del senato deve affrontare il tema della decadenza del cavaliere previsto dalla Monti-Severino. Lì i berlusconiani tenteranno di allungare i tempi, ma non potranno far nulla per l’altro effetto della condanna: in caso di scioglimento delle camere e nuove elezioni Berlusconi sarebbe comunque incandidabile (per sei anni). E in questo caso non c’è ostruzionismo parlamentare che tenga: la verifica sui requisiti dei candidati la fa direttamente la Corta d’Appello. Dunque se Berlusconi volesse insistere e candidarsi ugualmente, finirebbe col venire depennato dalla lista dai magistrati.

Lo ha ricordato ieri il presidente della giunta del senato, Dario Stefano. Aggiungendo che in ogni caso palazzo Madama dovrebbe riuscire ad esprimersi sulla decadenza di Berlusconi entro ottobre. Verosimilmente prima della fine della legislatura.
Alle ultime elezioni amministrative, ha ricordato Stefano, il decreto Monti-Severino è stato già applicato al caso del consigliere comunale di Roma Andrea Alzetta. Eletto con Sel, è stato immediatamente escluso dal consiglio comunale in ragione di una condanna rimediata in seguito a una manifestazione (due anni precisi). Comunque, nel caso di Alzetta, il provvedimento di esclusione è arrivato dopo il risultato elettorale. Per Berlusconi riuscire a non farsi cancellare dalle liste e approdare anche da «abusivo» in parlamento sarebbe il massimo. In pratica replicherebbe la situazione di adesso. Ma è assai difficile, visto che nemmeno i berlusconiani più ottimisti seguono il ragionamento del senatore Calderoli, secondo il quale Berlusconi è eleggibile punto e basta perché la Costituzione stabilisce che «Ciascuna camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità» (art. 66). Ma appunto si parla di cause «sopraggiunte. Per di più l’articolo precedente chiarisce che «La legge determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di deputato o di senatore».

Dunque come fare a eludere il filtro della Corte d’Appello, consentendo magari a Berlusconi di restare nel limbo per tutta la campagna elettorale? La soluzione anticipata ieri dall’ex ministro della giustizia Francesco Nitto Palma passa per un semplice, e diffusissimo, ricorso amministrativo. «Davanti al Tar si possono sollevare tutte le questioni giuridiche già sollevate in giunta», dice Nitto Palma. Ed è chiaro che più che in un giudizio favorevole – assai improbabile, vista la chiarezza delle legge – il Pdl spera nell’allungamento dei tempi. Dopo il Tar infatti c’è il Consiglio di Stato… Ma è proprio così? Niente affatto, sostiene l’ex senatore del Pd Stefano Ceccanti, che della legge in questione fu relatore. L’unico ricorso possibile contro le decisioni della Corte d’Appello è quello all’ufficio elettorale centrale, che decide in due giorni. Ma anche questo è opinabile, ricordando che proprio al Tar e al Consiglio di Stato si rivolse (invano) il Pdl nel 2010 quando a Roma non riuscì a presentare in tempo la lista per le regionali.