Melmoth è una donna di duemila anni fa, costretta a vagare senza sosta per testimoniare l’orrore che si nasconde tra gli esseri umani, pronto a manifestarsi all’improvviso. Un mostro-donna che dà voce ad un’inquietudine che non eccede la norma, ma che anzi proprio da questa è alimentata. Una creatura che accompagna con la sua presenza silenziosa la ricorrente discesa agli inferi dell’umanità.

Con La maledizione di Melmoth (Neri Pozza, pp. 234, euro 17) la scrittrice britannica Sarah Perry procede nel suo percorso di rielaborazione del romanzo gotico, iniziato con successo con Il serpente dell’Essex (Neri Pozza), introducendo un’innovativa prospettiva di genere e uno scenario storico che arriva a lambire l’attualità.

Duecento anni fa fu una scrittrice come Mary Shelley, pubblicando la prima edizione del suo «Frankenstein», a realizzare una sorta di prototipo del romanzo gotico su cui sono poi cresciute intere generazioni di autori e lettori. I protagonisti della storia erano però soprattutto uomini. Lei dice di essere partita da lì quando ha scritto la prima pagina di «Melmoth».
In effetti tutto è cominciato con le mie letture. Fin da ragazza ho sempre avuto la sensazione che ci fosse qualcosa di profondamente ingiusto nell’assenza di personaggi femminili non dico mostruosi, ma che potessero almeno incutere paura. Non solo, i libri che leggevo vedevano gli uomini come protagonisti spesso fin dal titolo. Chessò, Beowulf, Riccardo III, lo stesso Frankestein, dove effettivamente sono uomini sia il dottore che la creatura cui dà vita. È un tarlo che mi sono portata dietro a lungo: prima o poi avrei voluto leggere di un mostro donna. E alla fine ho capito che per farlo avrei dovuto scriverne io la storia.

Melmoth è però un mostro inedito non solo per genere. Non sembra nascere dal «male» quanto piuttosto dalle azioni degli esseri umani, dall’orrore che può nascere dalle loro scelte.
È così. Si tratta di una sorta di fantasma femminile di rara e selvaggia bellezza: una creatura condannata a non morire mai. La sua storia emerge dalla leggenda secondo la quale, dopo la morte di Gesù un gruppo di donne si recarono al sepolcro per ungerne la salma e scoprirono che era sparita. Quando raccontarono la cosa agli uomini non furono credute. Solo Melmoth rinnegò ciò che aveva visto è accusò le compagne di mentire: da qui la sua punizione. Da quel momento continuerà ad affacciarsi alla Storia umana ogniqualvolta la barbarie, l’odio e la distruzione avranno il sopravvento. Lo farà nel passato più lontano come nel corso del Novecento, in particolare durante l’Olocausto, ma anche in occasione del ritorno della violenza razzista in Europa in anni a noi ancor più vicini.

Pagina dopo pagina Melmoth-il mostro pare trasformarsi così in un testimone della nostra stessa mostruosità?
Lei non ha scelto di svolgere questo ruolo, ma è quello che le accade da sempre. In questo, il suo destino evoca l’«angelo della Storia» di cui parlava Walter Benjamin. Non una figura in qualche modo divina che può intervenire per modificare il corso delle cose, ma chi può registrare e riportare ciò che è accaduto e sta accadendo: un testimone, per l’appunto. Spesso, per mille ragioni, non abbiamo la possibilità di intervenire direttamente quando assistiamo a delle atrocità o ne veniamo a conoscenza, ma riportare quanto accade, rendere testimonianza di quanto si è prodotto resta un autentico atto morale che richiede determinazione e coraggio. Per Benjamin, del resto, l’unica redenzione possibile è quella offerta dalla memoria.

Se «Il serpente dell’Essex», che l’ha fatta conoscere a livello internazionale, era ambientato in piena epoca vittoriana e seguiva la leggenda di una creatura mostruosa ricoperto di scaglie ruvide emersa dalle paludi salmastre del Blackwater, in questo caso buona parte della storia di svolge a Praga e in uno spazio temporale che arriva fino ai giorni nostri. Cosa resta dell’impianto abituale del romanzo gotico?
Credo tutto il resto. Ero alla ricerca di una diversa dimensione del «gotico», qualcosa che andasse oltre i confini della campagna inglese e dell’epoca della Regina Vittoria che fanno da sfondo alle prime cose che ho scritto. Volevo cambiare atmosfera, a partire dai luoghi. A Praga gli edifici sono più scuri e bui, strutture massicce e cupe, entrandoci si hanno sensazioni molto diverse da quelle che si possono provare varcando la soglia della cattedrale di Canterbury. Non solo. Il tentativo era anche quello di attraversare le tragedie del Novecento e l’epoca in cui viviamo con l’ausilio di un’ispirazione «gotica». Anche da questo punto di vista Praga rappresentava la scelta giusta. Malgrado il Regno Unito sia stato coinvolto pesantemente nella Seconda guerra mondiale e abbia anche temuto a lungo una possibile invasione nazista, le nostre città, a cominciare da Londra, sono state sì bombardate ma non portano le cicatrici profonde che sono ancora oggi visibili in quelle dell’Europa continentale. A Praga la tragedia della guerra si respira ancora nelle strade. Nella cattedrale ortodossa della città sono ancora visibili i segni dei proiettili con cui si suicidarono, piuttosto che essere catturati, alcuni degli uomini che avevano partecipato all’attentato contro il boia nazista Reinhard Heydrich. Per non parlare delle pietre d’inciampo che davanti a decine di edifici del centro cittadino ricordano le date e i nomi di coloro che furono deportati nei campi di sterminio.

Lontana nel tempo come nello spazio dal «Castello di Otranto» di Walpole come dal «Frankestein» di Shelley, capostipiti a vario titolo del genere tra 700 e 800, la storia di Melmoth suggerisce che il romanzo gotico interroga anche il nostro tempo?
È questo almeno il mio auspicio. Molti ritengono che quando si parla di gotico ci deve essere necessariamente una ragazza in camicia bianca che fugge da un vampiro lungo il corridoio male illuminato di un castello. Dal mio punto di vista, invece, si tratta piuttosto del tentativo di esplorare quella parte oscura che vive in ognuno di noi e che per rivelarsi non ha necessariamente bisogno di «un mostro». Esplorare quel confine tra ciò che ammettiamo razionalmente e il perturbante che ci sorprende spesso anche nella vita di tutti i giorni. Il «gotico» affronta il volto peggiore dell’umanità, E in un’epoca che torna ad essere, per odio e violenza, questa si mostruosa, credo si tratti di un codice narrativo sempre più attuale. Melmoth dà voce al dolore del mondo. E oggi, intorno a me, vedo crescere ancora una volta una quantità enorme di sofferenza e dolore.