Una cena in un ristorante esclusivo, il risentimento e l’astio tra parenti, tre amici adolescenti cacciati da una festa dall’arrivo della polizia a vagabondare senza meta nella notte. Inizia come una commedia sulle idiosincrasie della borghesia americana The Dinner di Oren Moverman – in concorso alla Berlinale – con il pasto lussuoso a cui fa riferimento il titolo come emblema di un mondo ben pasciuto e raffinato. I protagonisti sono due fratelli – Paul, un professore di storia al liceo (Steve Coogan) e Stan (Richard Gere), candidato governatore – e le rispettive mogli Claire (Laura Linney) e Katelyn (Rebecca Hall), che si devono incontrare in uno di quei ristoranti in cui la spiegazione di ogni singolo piatto dura molto di più del tempo che serve a mangiarlo. Paul, di cui da spettatori pensiamo di condividere il punto di vista, farebbe di tutto pur di non andarci: il suo mantra è «dovremmo cancellare», chiama Stan e sua moglie le scimmie e si scandalizza dei prezzi «immorali» del vino.

La tensione e l’attrito tra i due fratelli si sposta però nel corso della cena che scandisce il film – dagli antipasti al digestivo – al di fuori della commedia e in una dimensione più oscura, verso il male che scopriamo annidarsi sotto la superficie e che entra in contraddizione con il rituale vuoto e formale della cena. Attraverso i flashback e i frammenti di dialogo, sempre interrotti e rimandati perché tutti temono di nominare il motivo per cui loro malgrado si sono dovuti incontrare. Scopriamo così che i figli dei protagonisti si sono macchiati di un crimine orrendo: hanno infatti ucciso una senzatetto dandole fuoco e filmando le loro gesta.

Paul, affetto da problemi psichiatrici, è ossessionato dalla battaglia di Gettysburg, da quel momento nella storia della guerra civile americana che diventa in qualche modo metafora dello scontro fra lui e Stan e della tragedia della loro famiglia. La fissazione per Gettysburg e per il sangue che vi fu versato, fornisce al regista il mezzo principale per ancorare la vicenda di The Dinner all’orizzonte americano dato che il suo film è tratto dal bestseller omonimo di Herman Koch, ambientato invece in Olanda e che ha ispirato anche un altro film I nostri ragazzi di Ivano De Matteo. In realtà non si fa fatica a immaginare la storia di The Dinner negli Stati Uniti di oggi, nel cuore di tenebra di certa borghesia dissociata dalla realtà e cieca davanti al mondo.

Moverman, anche sceneggiatore del film, osserva infatti che il dilemma al cuore del racconto pone un interrogativo impossibile allo spettatore: fin dove si è disposti a spingersi per proteggere i propri figli? Ma la morsa in cui si vorrebbe stringere la coscienza del pubblico non é la stessa che attanaglia i personaggi i quali – con l’eccezione dell’aspirante governatore – desiderano tutti che il male cada nell’oblio. Il futuro dei loro pargoli ha ben altra rilevanza rispetto alla vita di una donna sola e senza nome – come lo stesso Richard Gere in un altro film di Moverman ambientato tra i senzatetto di New York, Gli invisibili.

Nei dialoghi troppo studiati e congegnati, nella ferocia dei ragazzi e in quella con cui gli adulti reclamano il loro diritto a porsi al di sopra del male, naufraga invece l’empatia che si dovrebbe provare per i protagonisti, e che avrebbe consentito che la loro domanda diventasse la stessa di chi guarda.