Anche se la scuola è finita, vale la pena citare il fatto come memento per il futuro anno scolastico. Classe terza media, ora di religione, compito in classe: «Disegnate uno spot, uno slogan, un logo per il Movimento per la vita». Questo tema è stato assegnato a fine aprile da una o un insegnante di religione presso la scuola media statale don Minzoni, a Ravenna, a ragazzini fra i 13 e 14 anni. La notizia me l’ha segnalata non un talebano di estrema sinistra, ma una signora ottantenne che si definisce femminista, non cattolica romana, ma cristiana che segue il Vangelo, molto critica verso le incrostazioni maschiliste, dogmatiche e di potere che ancora affliggono la chiesa.

Al di là delle convinzioni personali, il problema di un tema del genere sta proprio nelle intenzioni educative di un o una docente che, benché insegni religione e quindi possa avere sulla materia aborto una visione di parte, Una  e difficile in modo talmente subdolo, e spiego perché lo considero tale.

A 13 e 14 anni si è pronti a parlare di qualsiasi cosa, ma conta tantissimo come lo si fa. Educare non significa indottrinare o fare il lavaggio del cervello, ma dare ai giovani gli strumenti per comprendere, partendo dall’analisi delle situazioni, anziché dalle opinioni. Se si vuole affrontare il tema dell’aborto, bisogna essere molto rigorosi e cominciare, magari, con lo spiegare che cos’è la legge 194 votata in Italia nel 1978, perché fu votata, che cos’erano gli aborti clandestini e che cos’è l’autodeterminazione, cioè il poter decidere liberamente del proprio corpo nella sessualità e nella procreazione. Sarebbe il caso di dir loro che al referendum abrogativo del 1981, voluto dal Movimento per la vita, il 68% degli italiani votarono NO.

Bisognerebbe raccontargli che cosa succede in proposito nel resto del mondo e dell’Europa, comprese le proteste delle donne polacche contro la volontà dell’attuale governo di restringere ulteriormente i casi in cui si può ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza. Si potrebbe anche commentare l’esito del recente referendum irlandese dove il bando assoluto contro l’aborto è stato abolito con il 66,4% di SI. Se gli si raccontassero queste cose, un adolescente comincerebbe a chiedersi perché così tante persone nel mondo sono per la legalizzazione dell’aborto.

Bisognerebbe poi spiegare che da quando è in vigore la 194, in Italia gli aborti sono in costante calo, tant’è che siamo il paese europeo che ne pratica meno e non perché oltre il 70% dei ginecologi negli ospedali si appella all’obiezione di coscienza (dati Istat 2016), rendendo così la 194 una delle leggi più difficili da applicare, ma perché è cresciuto il ricorso alla contraccezione alla quale, però, la chiesa è contraria o, nel migliore dei casi, molto scettica.

Infine bisognerebbe avvicinare gli allievi alle ragioni per cui una donna abortisce, spiegare che quella scelta è così personale e spesso determinata da situazioni così drammatiche che nessuno, tanto meno i maschi, deve permettersi di giudicare, condannare, decidere al posto della donna.
Ora, se un o una docente di religione chiede di disegnare «uno spot, uno slogan, un logo per il Movimento per la vita», vuol dire che ha affrontato l’argomento aborto schierandosi solo da una parte, quella che colpevolizza le donne, le considera meri contenitori, non ascolta le loro ragioni, non rispetta le loro scelte ed è contraria alla legge 194. Che questo venga fatto in una scuola media, per di più statale, è intollerabile.

mariangela.mianiti@gmail.com