Le avvisaglie c’erano già state alla vigilia dei risultati delle presidenziali in Indonesia che hanno confermato al secondo mandato Joko «Jokowi» Widodo.

Alcuni supporter dell’ex generale Prabowo Subianto, conservatore appoggiato dall’islam radicale nonché arrivato anche questa volta secondo, vengono fermati lunedì a Giava orientale con 4 cocktail Molotov nascosti nel minibus. La meta è la capitale Giacarta dove mercoledì devono esser resi noto i risultati, anticipati poi a martedì. Jokowi vince il testa a testa e allora i militanti che Prabowo ha chiamato a raccolta scendono in piazza con una manifestazione ben preparata – mazze, razzi e bottiglie incendiarie – che è il seguito delle minacce reiterate dell’eterno secondo: se non vinco, contesto. Ci sono anche due figlie importanti: quella di Suharto (sua ex) e la minore di Sukarno. Si scatena l’inferno e la battaglia è lunga. Sembra conclusa a notte fonda ma alle 4 di mattina di mercoledì, gli amici di Prabowo tornano in piazza. All’inizio l’urto è forte e la polizia retrocede persino. Ha ordine di non sparare. Verso le tre del pomeriggio, torna la calma. I manifestanti han negoziato e sono ormai circondati.

Jokowi non la prende bene: conciliante coi partiti minaccia però il pugno di ferro contro chi turba l’ordine. Ammessi solo i metodi consueti di contestazione per le elezioni appena concluse dove si è scelto presidente e parlamentari. Il bilancio degli scontri «orchestrati», come dice la polizia della capitale, è ancora incerto: almeno sei morti e un paio di centinaia di feriti.

Una settantina gli arresti e un bottino di mazze e molotov ma anche di armi da fuoco. Ventiquattro ore di guerriglia che la capitale non vedeva da tempo. Massima allerta. Tensione e pattugliamenti, limiti alle piattaforme social. Gli occhi aperti di quasi 50mila tra poliziotti e soldati dislocati in città.

Situazione tesa ma sotto controllo, Jokowi porta intanto a casa il 55,5% dei 154,26 milioni di voti validi e incassa una doppia vittoria. Che la Nahdlatul Ulama, la più grande organizzazione islamica del Paese, stia con Jokowi è scontato visto che nel suo ticket presidenziale il suo vice è Maruf Amin, ex uomo di vertice della Nu e a capo del Consiglio degli Ulema. Ancor prima della protesta però, Jokowi incassa la presa di distanze della Muhammadiya, l’altra grande organizzazione di massa dell’islam locale. Vieta ai suoi di manifestare. Muhammadiya non ha ufficialmente sostenuto Prabowo, ma alcuni suoi personaggi non gli han fatto mancare appoggio, seppur sotto traccia. Prabowo dunque deve accontentarsi degli esagitati dei partitini islamisti minori anche se la sua affermazione (44,5%) dice che oltre 65 milioni di indonesiani lo hanno votato. Un elemento da considerare.

Ora per Jokowi si apre la sfida del secondo mandato. Non sono gli incidenti a preoccuparlo ma i motivi della semi vittoria di Prabowo: conservatore, reazionario, ferocemente anti cinese, ammanicato con la vecchia guardia militare e amico di giovani radicali che non considerano Jokowi un buon musulmano. Cosa che nel Paese musulmano più popoloso del globo è un problema.