«Invisibili per il governo, indispensabili per il paese» era scritto sullo striscione esposto ieri da 800 dirigenti scolastici aderenti alla Anp (Associazione Nazionale Dirigenti e Alte Professionalità della Scuola) davanti al ministero dell’Istruzione. Indossavano tutti una casacchina blu con il Colosseo stampato alle spalle e hanno bloccato viale Trastevere a Roma fino al pomeriggio. Hanno protestato contro il taglio di 16 milioni di euro al fondo per le retribuzioni legate al risultato e alla posizione voluto dal ministero dell’Economia. Altri cinque milioni di euro, concessi nel 2010, per la perequazione interna degli stipendi «sono spariti» denunciano.

In alcune regioni, come la Campania e la Sardegna, questa situazione ha comportato un prelievo sugli stipendi di diverse migliaia di euro. Incontrando i manifestanti, abbiamo ottenuto un rapido calcolo. Gli 8 mila presidi italiani guadagnano tra i 48 mila e i 67 mila euro annui a seconda dell’anzianità di servizio. Con un contratto fermo al 2001, così come lo stipendio, e a seguito del “dimensionamento” degli istituti imposto dalla riforma Gelmini a seguito dei tagli colossali da 8,4 miliardi di euro alla scuola, i dirigenti scolastici hanno iniziato a gestire scuole con migliaia di studenti (anche fino a 4) in città diverse da quella di residenza. Blocco degli stipendi, taglio degli istituti e al fondo sulle retribuzioni, aumento delle responsabilità e degli incarichi di lavoro. Questa è la vita del preside, figura solitaria di manager scolastico che nel tempo si è trasformata. Nel 2012 Marina Mupo, preside a Benevento, ha ricevuto un incarico a 60 chilometri di distanza, in una scuola di Rocca Piemonte, provincia di Salerno. «Non siamo qui solo per una questione di soldi – afferma Mupo – ma di dignità di lavoratrice della conoscenza. Passiamo il tempo a supplire all’abbandono dello Stato». Anche Gabriella Grocco, come altri 100 dirigenti campani, ha iniziato a viaggiare nella sua regione dal 2012. «A Scampia era come il Bronx – racconta – per le condizioni ambientali, il disastro delle strutture edilizie. Noi siamo responsabili per quello che accade a scuola ma come faccio a esserlo se buona parte della settimana la passo in viaggio e non sono presente sul posto?». Antonio Lotierzo ha 64 anni e dal 1989 fa il preside. Oggi dirige complessivamente 79 classi: «Il dimensionamento degli istituti ha comportato un aumento enorme della burocrazia che ci impedisce di fare il nostro lavoro, che è soprattutto permettere ai ragazzi di formarsi», afferma Lotierzo che ha un figlio a Milano che è stato licenziato da una grande azienda e una figlia che si sta per laureare in Giurisprudenza a Napoli. «Ieri mi ha detto: ma lo sai che mi dovrai mantenere anche dopo la laurea?».

Una delegazione del Anp è stata ricevuta al Miur, un’altra da alcuni parlamentari a Montecitorio. Cgil, Cisl, Uil e Snals annunciano una mobilitazione se il problema della retribuzione di posizione e di risultato non verrà risolto.