Pare quindi che la crescita economica indiana «probabilmente rallenterà fino al 5,7 per cento». Si fa notare come la crescita attuale sia inferiore al 6,5 per cento dello scorso anno ed al 6,7 per cento dell’anno della «crisi» nel biennio 2008-09. Per i profani, che queste percentuali e questi indizi minacciosi indichino un «rallentamento» o una vera e propria crisi non fa molta differenza. Per sapere se ci troviamo davanti ad una crisi economica, dobbiamo farci tre domande: è difficile trovare lavoro? C’è scarsità di cibo? I nostri servizi di base (come il trasporto pubblico e la sanità) sono accessibili?

I politici e gli economisti amano diffondere dati e cifre, ma non rispondono alle domande più semplici. E’ come essere rassicurati del fatto che una figlia stia crescendo solo perché il suo peso aumenta. Potrebbe anche trattarsi di un problema ormonale. Se una crescita al 5, al 6, al 9 per cento non porta impiego e non migliora la qualità del servizio pubblico, significa che la nostra figlia nazionale è malata. Qualche tempo fa ho letto su una rivista il ritratto dell’attuale chief minister del Gujarat, Stato che sta registrando una crescita considerevole. Si firmano memorandum d’intesa, si costruiscono fabbriche.

E allora come mai sempre più giovani si iscrivono all’ufficio di collocamento? Perché il settore privato crea così pochi posti di lavoro? Come mai i bambini continuano ad essere malnutriti? Narendra Modi preferirebbe non rispondere a queste domande, ma non capisco come mai nemmeno gli economisti diano alcuna spiegazione. Noi siamo semplicemente un’economia in via di sviluppo. La nostra percentuale potrebbe crollare del 4 o del 3 per cento e comunque staremmo crescendo più dei Paesi sviluppati.

L’economia dell’Eurozona, nei primi tre mesi del 2012, è cresciuta dello 0 per cento. Cifra valida anche per la Francia. Ma in Francia i bambini muoiono di fame? Non penso proprio. E la Francia offre una copertura sanitaria gratuita a tutti i suoi cittadini. Quale sarebbe, ad ogni modo, una percentuale di crescita «salutare»? Si dice che la Germania, da sola, stia riuscendo a prevenire la recessione. Ma la Banca centrale tedesca prevede una misera crescita dell’1 per cento.

Alcuni studi, inoltre, indicano che 8 tedeschi su 10 vorrebbero un nuovo ordine economico. La «crescita» in senso numerico non basta più. Sempre più tedeschi sono convinti che più soldi non portino necessariamente ad una qualità della vita migliore. Nazioni come la Grecia sono nei guai. Ma i greci stanno cercando metodi alternativi per combattere la crisi. Cosa facciamo se non ci sono soldi? Beh, cerchiamo delle alternative.

Metti, ad esempio, che ho bisogno di un taxi e non posso pagarlo. Il tassista mi porta gratis, ma suo figlio ha bisogno di ripetizioni di matematica. Io posso offrire quel servizio, quindi lo faccio.
Un baratto informale la sta spuntando contro le tasche «svuotate dalla crisi» dei greci. La gente ce la sta facendo grazie ad un po’ di fiducia nel prossimo. Dobbiamo lavorare per il buonsenso, anche se non abbiamo problemi di cibo, vestiario o alloggio.

E’ però interessante vedere come la situazione greca è stata raccontata dai media. Un titolo diceva: «Siamo arrivati a questo punto!» Un altro: «Vola la valuta senza valore». Un altro ancora: «La miseria spinge i lavoratori via dalle città», il che a me è suonato un po’ strano.
In India raramente sentiamo di difficoltà tali da spingere lavoratori lontano dalle città. Se le cose vanno davvero male in città, di solito nei villaggi è anche peggio. Nonostante ciò, la maggior parte degli indiani ancora vive nei villaggi.

Si trasferiscono perché non riescono a trovare lavoro o non riescono ad avere accesso ai servizi pubblici di base. La migrazione da miseria, negli ultimi decenni, è diventata una tendenza. E i nostri economisti non hanno pensato, all’epoca, che ci fosse una crisi economica in corso.
Un altro articolo riportava le parole dello scrittore Edward Abbey che paragonava la crescita per la crescita all’ideologia delle cellule tumorali. Faremmo bene ad esaminare la nostra crescita economica, cercare di trovare i sintomi.

(Annie Zaidi scrive poesie, reportage, racconti e sceneggiature, non necessariamente in quest’ordine)