«Questa è la seconda rivoluzione in India dopo l’Indipendenza». Due giovani sikh in età universitaria descrivono così la vittoria di Aam Aadmi Party (Aap) alle elezioni locali di New Delhi, circondati dalla folla in festa davanti alla sede del «partito dell’uomo comune». La schermata proiettata su un telo dietro al palco recita un risultato inimmaginabile anche per il più entusiasta attivista del movimento politico fondato da Arvind Kejriwal poco più di due anni fa: 67 seggi ad Aap, 3 seggi alla coalizione guidata dal Bharatiya Janata Party (Bjp) di Narendra Modi, 0 per l’Indian National Congress (Inc) della dinastia Gandhi. Maggioranza assoluta, miglior risultato nella storia delle elezioni amministrative di New Delhi dal 1993 ad oggi, una «Modi wave» spazzata via dallo tsunami dell’uomo comune, Inc disintegrato. È presto per parlare di rivoluzione, ma gli estremi per il miracolo politico ci sono tutti.

Il 14 febbraio del 2014 Arvind Kejriwal si dimetteva dalla carica di chief minister della capitale indiana, incapace di trovare il sostegno esterno per far passare nel parlamentino locale la legge anticorruzione Lokpal Bill, cavallo di battaglia di Aap. Tra tre giorni, il 14 febbraio 2015, Kejriwal giurerà nuovamente da «primo ministro» di New Delhi: una seconda chance che Kejriwal e i suoi hanno saputo costruirsi imparando dagli errori di inesperienza commessi lo scorso anno.

La trasformazione da movimento d’opinione, formidabile nell’aggregare consenso a tutti i livelli e spietato nella denuncia dei mali atavici della società indiana (corruzione, clientelismo, connivenza tra imprenditori e potere politico), a partito di governo è iniziata all’indomani del fallimento politico del 2014, ricominciando a lavorare dal basso, «sul territorio», lontano dai riflettori dei media tradizionali impegnati a magnificare il successo su scala nazionale del neo primo ministro Narendra Modi.

A partire dallo slogan della campagna elettorale – «5 saal Kejriwal», 5 anni Kejriwal – Aap prometteva un intero mandato in cui le cose saranno fatte, non solo dette. E la popolazione di New Delhi ha rinnovato la fiducia in un progetto politico sviluppato interamente in antitesi: noi non siamo come loro, guardate cosa hanno fatto loro fino a oggi, adesso tocca a noi.

Mentre la candidata del Bjp Kiran Bedi, data per favorita fino a poche settimane fa, spiegava in diretta tv che la sconfitta cocente non era la sua, ma di tutto il Bjp (partito nel quale milita da nemmeno un mese, un voltafaccia da ex del movimento anticorruzione di Anna Hazare che né i quadri locali del Bjp né gli elettori le hanno perdonato), Kejriwal confessava che il sostegno degli abitanti di New Delhi «fa paura»: 4.785.575 voti, 54,2 per cento dei votanti in una tornata elettorale da record di affluenza – quasi al 70 per cento – significano aspettative altissime, la responsabilità di governare e risolvere i problemi di una capitale che qui in India è un microcosmo eterogeneo da 20 milioni di abitanti.

Megalopoli di rifugiati e migranti, il mito del «progresso a tutti i costi» che l’aveva sedotta nelle elezioni nazionali ha fallito di fronte alla richiesta popolare di una città meno corrotta, più sicura per le donne, forse pronta a una «rivoluzione» metodologica del fare politica. Kejriwal, a differenza dei suoi avversari, è percepito come un leader davvero vicino alla gente, lontano da quella «Vip culture» fatta di macchinoni con vetri oscurati e stanze dei bottoni inaccessibili.

Gli attivisti di Aap provengono da ambienti progressisti, quasi «di sinistra», disillusi da un Congress in caduta libera. I numeri parlano chiaro: il Bjp ha perso solo l’1 per cento dei voti rispetto alle nazionali e Aap ha pescato dal bacino del partito di Sonia e Rahul Gandhi, due nomi pesanti nella politica del subcontinente che ora paiono il principale ostacolo alla sopravvivenza del partito dell’Indipendenza.

Dal 14 febbraio Aap avrà la possibilità di mostrare un modello di governo differente, un esempio per il resto del paese quasi interamente controllato da un Bjp a trazione hindu e ultracapitalista che si pensava imbattibile. Kejriwal, ieri, ha dimostrato il contrario.