Agosto ricomincia come è finito luglio, per i lavoratori marchigiani della Indesit. Così, nella mattinata di ieri, in duecento sono saliti verso Bellaluce per andarsi a piazzare davanti alla villa della famiglia Merloni, là dove qualche settimana fa i militanti dei centri sociali hanno sparso qualche palata di letame. Una manifestazione pacifica, che è andata avanti qualche ora sotto gli occhi di un pugno di poliziotti per nulla preoccupati.
In fondo, quello di ieri è solo l’ennesimo atto di una protesta infinita, il cui obiettivo è far rimanere i riflettori puntati su una vicenda con 1.425 posti di lavoro a rischio per un piano industriale che prevede, insieme a 70 milioni di investimenti sul suolo patrio, anche la delocalizzazione di quasi un terzo della produzione verso Turchia e Polonia.

E allora ecco gli operai che non vogliono mollare: tutti in marcia per la campagna fabrianese, sotto un sole che non sembra intenzionato a fare prigionieri. Ma loro sono lì, anche solo per srotolare qualche striscione e far vedere che, malgrado tutto, sono ancora vivi. Così, si va da messaggi distesi («Nonostante tutto, dalle vostre maestranze: buone vacanze») ad avvertimenti di altro genere («Se non volete rotture di cazzi, non trattateci come pupazzi»), mentre nel mezzo c’è chi si aggira con il tricolore in pugno o fa un pic nic sul prato con moglie e figli.

Non sono mancate, comunque, le dediche alla donna che più è stata presa di mira in questi due mesi di proteste: Maria Paola Merloni, la «principessa», erede universale dell’impero di famiglia, già parlamentare del Pd e rientrata – per il rotto della cuffia, vista la sostanziale débâcle elettorale – in Parlamento con la Lista Monti giusto lo scorso febbraio. Per lei, su uno striscione, si poteva leggere: «Maria Paola, prima bussi per il voto, poi ci butti nel vuoto». E la delusione – prima della rabbia – dei lavoratori Indesit è un po’ tutta qui: li stanno scaricando dopo decenni di fedeltà assoluta, da operai sono diventati «capitale umano», «risorse», numeri su un foglio di carta, spese da ammortizzare o, all’occorrenza, da tagliare. Non è una questione personale, per gli alti papaveri della multinazionale, ma di convenienza: altrove un lavoratore costa meno, molto meno.

L’abusata metafora della «luce in fondo al tunnel», in questo caso, ha il nome di «Ecobonus», il meccanismo di sconti e detrazioni fiscali per chi compra elettrodomestici, un provvedimento che rimbalza nelle aule parlamentari e che dovrebbe arrivare presto a destinazione: i grillini arrivano addirittura a parlare di un milione e mezzo di posti di lavoro in più e un aumento del pil dello 0,6% nei prossimi sette anni. In realtà si tratta di un banale incentivo ai consumi: strategia vecchia come il mondo per cercare di trattenere per la giacchetta le aziende in fuga. Potrebbe funzionare. L’ad della multinazionale, Marco Milani fa sapere che per lui nessuna porta è del tutto chiusa. Solo parole, però, che non bastano a nessuno. Per questo motivo le iniziative di protesta vanno avanti e continueranno a oltranza: l’attenzione deve restare alta.

Ma scene come quella di ieri a Bellaluce sono soltanto la punta di un iceberg fatto di scioperi e azioni dentro la fabbrica, un messaggio forse meno immediato rispetto agli appuntamenti in piazza, ma che, sicuramente, si fa sentire forte e chiaro ai piani alti, dove, secondo i calcoli di alcuni sindacalisti, dovrebbero aver percepito un certo calo della produzione da quando tutto è cominciato, all’inizio di giugno. Continuano, dunque, gli scioperi «a gatto selvaggio», con i lavoratori che si astengono un’ora a testa in base ai paramentri più diversi: uomini e donne, scapoli e ammogliati, con figli e senza, e così via.

Martedì, a Melano, è andata in scena un’assemblea straordinaria di un’ora per decidere nuove iniziative che si snoderanno fino al 17 settembre, quando si riunirà di nuovo il tavolo al ministero dello Sviluppo economico. «Non molleremo – dice Andrea Cocco, della Fim Cisl – finché non avremo risposte concrete. La famiglia Merloni passi buone vacanze e rifletta sul da farsi, altrimenti avrà un settembre caldissimo». E quanto a temperature – meteorologiche e non – pure agosto non scherza.