Con una popolazione sempre più coperta dai vaccini e un contagio in frenata, la possibilità di mettersi alle spalle definitivamente il Covid-19 dipenderà soprattutto dalla diffusione di eventuali varianti capaci di eludere il sistema immunitario. Per questo anche l’Italia si doterà presto di una rete di laboratori in grado di monitorarne sistematicamente la diffusione sul territorio nazionale.

L’ottima notizia arriva in una nota dell’Istituto Superiore di Sanità. L’impressione di averla già sentita non è errata: alla fine di gennaio il ministero aveva già annunciato la nascita del «Consorzio Italiano per la genotipizzazione e fenotipizzazione di Sars-CoV-2», in buona sostanza la stessa struttura di cui si parla oggi. Sei mesi fa però non si era andati oltre qualche comunicato stampa: la proposta si era inabissata e la capacità di vigilanza sulle varianti del virus sul territorio italiano era rimasta azzoppata.

STAVOLTA IL COMUNICATO stampa dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) contiene una novità: «Un finanziamento strutturale in prospettiva pluriennale» da parte del ministero della Salute, segno che il flop iniziale era dovuto alla mancanza di risorse. Un altro segno che forse ora si fa sul serio è la nascita della piattaforma I-Co-Gen, una banca dati su cui registrare le sequenze genetiche tamponi sequenziati. Ogni ceppo virale, infatti, è caratterizzato da una sequenza di circa 30 mila “basi”, unità biochimiche che possono essere dei quattro tipi diversi A, C, G e T. Ogni variante è caratterizzata da piccole differenze nella sequenza determinate da mutazioni genetiche casuali. Sono proprio queste mutazioni a determinare la facilità di trasmissione, la virulenza dell’infezione e la capacità di eludere gli anticorpi sviluppati con la malattia o la vaccinazione.

Il sequenziamento di ogni ceppo richiede alcuni giorni, in un laboratorio attrezzato. Dalla fine di aprile, sulla piattaforma sono state “caricate” circa 3.000 sequenze identificate in Italia.

IL MODELLO è il Regno Unito, che ha fornito più di ogni altro paese i dati sui ceppi virali raccolti sulla piattaforma Gisaid, la banca dati internazionale utilizzata dalla comunità scientifica. Nell’Ue, Germania, Danimarca e Belgio raggiungono l’obiettivo di sequenziare il 5% dei tamponi prelevati auspicato dal Centro Europeo di Controllo delle Malattie. L’Italia è attualmente ferma all’1,3% (dati riferiti ai primi sei mesi del 2021), lo stesso livello della Francia. Ma la nuova rete dovrebbe portarci nel gruppo dei “virtuosi”: secondo Anna Teresa Palamara, direttrice del dipartimento di malattie infettive dell’Iss, l’obiettivo della neonata rete è «sequenziare il 5% dei tamponi positivi nei periodi ad alta circolazione del virus e il 20% in quelli di bassa circolazione».

È PROBABILE che a sbloccare la situazione sia stata la crescente preoccupazione internazionale nei confronti della variante “delta”, già dominante oltremanica. Qui il ceppo ha riportato i nuovi contagi giornalieri oltre i diecimila casi, mettendo a rischio la fase finale degli Europei di calcio prevista a Londra dal 6 all’11 luglio. Il picco dei casi nell’isola in realtà sembra essere già stato superato. Ma dell’eventualità sta tentando di approfittare il premier Draghi, che ieri in conferenza stampa insieme ad Angela Merkel si è detto intenzionato a convincere l’Uefa a spostare la finale a Roma. Ma il piano b punterebbe a Budapest.

NON È CHIARO però quanto la “delta” sia diffusa in Italia. Senza “rete” né “consorzio”, la sorveglianza genomica finora si è affidata alle “indagini rapide” mensili dell’Iss su un campione rappresentativo dei tamponi. L’ultima risale al 18 maggio: la presenza della variante delta era stimata sotto l’1% dei casi totali ma dopo quella data focolai della variante delta sono stati identificati in almeno sette regioni. Dati più solidi sono attesi da una nuova indagine, che prenderà il via proprio in queste ore. I laboratori regionali accreditati presso il ministero dovranno sequenziare quasi ottocento tamponi scelti casualmente tra quelli prelevati oggi, inviando i risultati all’Iss entro il 1° luglio. Poi se ne riparlerà in agosto, a meno che la nuova rete di ricerca non si metta in moto rapidamente e mandi in soffitta le “indagini rapide”.