La doppia inchiesta della procura di Bari sulla Banca popolare del capoluogo pugliese, con sei indagati eccellenti a partire dal presidente Marco Jacobini, è legata a doppio filo al salvataggio della Cassa di risparmio di Teramo. L’acquisizione di Banca Tercas è stata – secondo gli investigatori delle Fiamme gialle – un’operazione rischiosa per l’istituto di credito barese, vista la situazione finanziaria in cui la Popolare si trovava nel triennio 2014-16. Peraltro il caso Tercas, banca commissariata già nel maggio 2012 e sull’orlo del fallimento, era ben conosciuto dai vertici dell’Abi, che non per caso avevano dato il via libera all’utilizzo del Fondo interbancario di tutela dei depositi, per circa 300 milioni complessivi.

Sull’intera operazione calò però la mannaia di Bruxelles, che all’inizio del 2015 lo considerò – a torto o a ragione – un aiuto di Stato. Di qui la necessità per la Popolare di Bari di un aumento di capitale, i cui costi gravarono sul bilancio dell’istituto, con effetti collaterali messi sotto osservazione dalla Guardia di finanza, coordinata dal procuratore aggiunto Roberto Rossi. Le indagini riguardano soprattutto la gestione dei bilanci, con il sospetto che la banca abbia comunicato alla Consob bilanci non del tutto veritieri e poco chiari, soprattutto con riferimento alla quantificazione dei crediti.

Agli atti dell’indagine, oltre alla documentazione acquisita presso la banca, ci sono le dichiarazioni di azionisti e correntisti sentiti come persone informate sui fatti. Perché un’altra tranche dell’inchiesta riguarda i criteri e i metodi con cui la Popolare barese ha gestito gli ordini di vendita delle azioni da parte di alcuni soci prima che queste venissero deprezzate nell’aprile 2016, passando da 9,53 a 7,50 euro proprio a causa dell’acquisizione di Tercas. In particolare, secondo la magistratura, per agevolare alcuni grossi azionisti gli ordini di vendita dei titoli sarebbero stati inseriti manualmente, senza rispettare l’ordine cronologico e violando così il principio della parità di trattamento dei soci, a danno dei piccoli azionisti. Una delle contestazioni mosse riguarda la vendita, prima che venissero deprezzate, delle 430 mila azioni della Banca Popolare di Bari contenute nel portafoglio della società barese Debar.

L’ipotesi di reato su cui si indaga in questa seconda tranche dell’inchiesta è quella di ostacolo alla vigilanza di Bankitalia. Mentre per le ipotesi di associazione per delinquere, truffa, ancora ostacolo alla vigilanza di Bankitalia, e false dichiarazioni nel prospetto informativo depositato alla Consob, sono indagati nel filone principale d’indagine il presidente Marco Jacobini, l’allora direttore generale Vincenzo De Bustis, ex ad di Montepaschi e Deutsche Bank Italia, i due figli di Jacobini, Gianluca e Luigi (rispettivamente condirettore generale e vice), il responsabile della linea contabilità e bilancio della Bpb Elia Circelli, e il dirigente dell’ufficio rischi Antonio Zullo.