Alle amministrative mancano quattro mesi. Ma il clima sul voto a Palermo diventa ogni giorno più incandescente, tra veleni, faide di partito e inchieste giudiziarie. L’ultima riguarda Fabrizio Ferrandelli, ex deputato regionale da meno di venti giorni fuori al Pd, avendo deciso di non rinnovare la tessera, e da almeno un anno in campagna elettorale per la poltrona di sindaco col suo movimento «i coraggiosi», lanciato nel nome dell’anti-casta dopo essersi dimesso da deputato regionale pensando al voto anticipato anti-Crocetta che poi non c’è stato.

Una corsa che rischia di interrompersi. I carabinieri gli hanno notificato un avviso di garanzia. L’accusa è pesante: voto di scambio politico-mafioso. Il reato contestato al bancario di 37 anni col pallino della politica riguarderebbe fatti risalenti al 2012: allora Ferrandelli sfidava Leoluca Orlando per la conquista, guarda un po’, della poltrona di sindaco. Ad accusarlo è il pentito Giuseppe Tantillo, della famiglia del Borgo vecchio, quartiere popolare di Palermo. In alcuni verbali, il pentito, che collabora da alcuni mesi con i magistrati, avrebbe parlato anche dei rapporti che Ferrandelli avrebbe avuto con mafiosi durante la campagna elettorale di 5 anni fa. A rivelare l’esistenza dell’inchiesta a suo carico è stato proprio Ferrandelli, creando non pochi malumori tra i magistrati titolari.

«Rimango sorpreso di come, dopo quasi 5 anni proprio nel pieno di una campagna elettorale in cui sto registrando grande entusiasmo e partecipazione per la mia candidatura, si apra un’indagine su di me» dice Ferrandelli. Insomma, se non parla chiaramente di bomba a orologeria poco ci manca. «Ho chiesto di essere ascoltato al più presto per chiarire con celerità la mia posizione e fugare eventuali dubbi sulla mia condotta che è sempre stata improntata alla massima trasparenza e al rispetto delle leggi». E assicura che «quanto accaduto non scalfisce minimamente la mia volontà di concorrere alla carica di sindaco di Palermo». Ferrandelli potrebbe essere ascoltato lunedì, intanto ha riunito i suoi per pianificare la strategia. Certo è che l’inchiesta pesa eccome. Forza Italia aveva flirtato con lui per poi abbandonarlo quando Ferrandelli ha comunicato di non volere liste con i simboli di partito, tanto da lanciare lo slogan «io corro da solo» con la sua gigantografia che campeggia nel comitato elettorale aperto in pieno centro città.

Non stanno meglio in casa M5S, dove la faida tra le correnti è ormai alle stelle. Proprio ieri i periti nominati dalla Procura che indaga sullo scandalo firme false hanno consegnato la relazione da cui emerge che le sigle contraffatte, in sostegno della lista pentastellata presentata 5 anni fa per le comunali, sono state 200. In 13 sono indagati, tra cui i deputati nazionali Riccardi Nuti, Giulia Di Vita e Claudia Mannino. I tre sono a capo del gruppo dei cosiddetti «monaci» che hanno scelto di tirarsi fuori dalle comunarie con le quali il M5S ha scelto online la lista dei candidati al consiglio, in totale 27 persone al momento, e si appresta a votare, sempre sul web, tra i due candidati a sindaco, dopo le defezione degli altri tre inseriti in quella che la top five: la sfida è tra l’avvocato Ugo Forello, sostenuto dalle «colombe» che si ritrovano nella linea dei deputati regionali (tra cui gli indagati Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio che collaborano con i pm nell’inchiesta firme false) e Igor Gelarda, il poliziotto-sindacalista del Consap, sostenuto dal gruppo di grillini rimasti ai margini dopo la conquista del movimento da parte dei «monaci».

Non meno complessa la situazione nel centrosinistra: diviso come al solito al suo interno, il Pd ha scelto la strada più semplice, quella dell’appoggio a Leoluca Orlando che a fine mese dovrebbe ufficializzare la sua candidatura a sindaco, sarebbe la quinta volta nella lunga carriera politica del «professore».