«Parliamoci chiaro, quanto è accaduto in Afghanistan è una catastrofe, un incubo». C’è poca diplomazia nelle parole di Josep Borrell. Parlando con gli eurodeputati della commissioni Affari esteri e cooperazione il capo della politica estera dell’Unione europea non nasconde la preoccupazione per la svolta impressa dai talebani al Paese asiatico. Le rassicurazioni fornite tre giorni fa dagli studenti coranici, secondo le quali non ci sarebbero state violenze, sono svanite con le notizie delle raffiche di mitragliatrice sparate contro i giovani di Jalalabad, nei racconti terrorizzati delle donne barricate in casa e negli spari all’aeroporto di Kabul. O nei video, terrificanti, in cui si vedono le madri afghane affidare i propri figli ai soldati inglesi perché li portino via. Via da un Paese che, per l’appunto, si è trasformato in un incubo.

Borrell lo sa bene ma insiste sul fatto che l’Europa deve dialogare con i talebani. «Questo non significa riconoscerli», spiega, «ma dobbiamo sostenere il popolo afghano, non solo chi vuole lasciare il Paese, ma anche chi vuole rimanere». La proposta quindi è di mettere insieme «un’alleanza con i Paesi che hanno i nostri stessi valori, in particolare Usa e Regno unito – dice – per affrontare le conseguenze geopolitiche di quanto avviene e di quanto avverrà in Afghanistan». Ma anche per impedire che Pechino e Mosca aumentino la loro influenza nell’area. «La Cina ha già riconosciuto i talebani. La Russia lo farà – avverte infatti Borrell -. Non chiuderanno le loro ambasciate, al contrario, vogliono aumentare la loro presenza, e questo cambia l’equilibrio geopolitico dei poteri». Parole che qualche ora dopo il viceministro degli Esteri russo Alexander Grushko definirà «sorprendenti», fino al punto da lanciare una sfida ai leader europei: «Che provino a ostacolarci».

Ma ieri è stato anche il giorno del G7 dei ministri degli Esteri presieduto dal britannico Dominic Raab. Un vertice straordinario convocato in attesa del vertice dei capi di Stato e di governo dell’Ue indetta per i prossimi giorni e del vertice Nato. E i ministri hanno ribadito ancora una volta la necessità di far uscire dall’Afghanistan tutti gli stranieri e i collaboratori afghani, ma la priorità è quella di fra cessare le violenze a garantire «il rispetto dei diritti umani inclusi quelli di donne, bambini e minoranze», è scritto nella dichiarazione finale. Nella quale si auspicano anche «negoziati inclusivi su futuro dell’Afghanistan» e si sottolinea «la necessità che tute le parti rispettino il diritto internazionale umanitario, in particolare in relazione al personale umanitario e medico e agli interpreti». Infine l’appello alla comunità internazionale perché fornisca «rotte di reinsediamento sicure e legali» a chiunque viglia lasciare il Paese.