Come c’era da aspettarsi, il governo austriaco di coalizione di centro ed estrema destra non è tenero con i migranti e rifugiati e neppure con gli austriaci che pretendeva difendere. A finire nel mirino questa volta è il reddito di cittadinanza, o più precisamente la Mindestsicherung, garanzia minima di sussistenza. Fu introdotta nel 2010 per volere dei socialdemocratici (Spoe) e prevede un importo di 840 euro mensili a persona erogato ai residenti in Austria, sia essi austriaci, rifugiati riconosciuti o cittadini Ue in condizioni di povertà. Il programma di governo del cancelliere Sebastian Kurz del partito popolare (Oevp) e del vicecancelliere H.C. Strache della Fpoe ha stabilito di dimezzare l’importo per i rifugiati per i primi sei anni e di fissare un tetto massimo erogabile per famiglia di 1500 euro, condizione che riguarderebbe tutti. Si tratta di misure già introdotte in alcune regioni governate dalla Oevp come in Bassa Austria, dove si contano già 160 ricorsi.

Lunedì sulla questione si è espressa la Corte Costituzionale con una sentenza che boccia senza appello la linea del duo Kurz-Strache, secondo la quale chi non ha pagato contributi nel sistema sociale austriaco deve prendere meno di coloro che li hanno versati. Un ragionamento che la Corte ha bocciato in quanto «non basato su fatti oggettivi», spiegando dettagliatamente qual è la situazione vissuta da un rifugiato e i motivi che lo hanno indotto a lasciare il proprio paese. Per dichiarare infine incostituzionale la riduzione dei contributi ai rifugiati considerandola una disparità di trattamento rispetto ai cittadini austriaci. Bocciatura totale anche del tetto massimo fissato per le famiglie. «Il sistema creato in Bassa Austria impedisce la determinazione del bisogno concreto di persone che vivono nella stessa comunità domestica. In questo modo questa variante della ‘garanzia minima di sussistenza’ a partire da una certa grandezza del gruppo convivente fallisce nel suo proprio scopo, quello della prevenzione e lotta contro situazioni sociali di emergenza riguardanti persone che hanno bisogno di aiuto» (la «garanzia minima di sussistenza» austriaca non è il reddito di cittadinanza incondizionato, come accusa la destra).

La sentenza della Corte Costituzionale ha effetto immediato cancellando la legge regionale e fungendo anche da forte intralcio ai piani del governo. Che intanto ha dimezzato i fondi che l’esecutivo precedente aveva stanziato per l’integrazione di migranti e rifugiati nelle scuole e nel mercato del lavoro.
A rischio così sono i posti creati in più di insegnanti di lingua tedesca e di assistenti sociali, come anche i corsi e i progetti di formazione messi in campo dall’Ams, il servizio, pubblico per il mercato del lavoro che si occupa di collocamento e di formazione.

Tutto questo accade proprio quando il bilancio sull’integrazione dei rifugiati arrivati negli ultimi anni è positivo. «I successi sono superiori alle nostre aspettative» ha dichiarato il direttore dell’Ams di Vienna Johannes Kopf. «Dei rifugiati che si sono registrati all’Ams tra il 2015 e il 2016 il 34,9% ha trovato un lavoro». Per il governo invece, la diminuzione del numero degli arrivi autorizza il taglio dei fondi. «L’integrazione ha bisogno di tempo, non sempre la più veloce è anche la migliore perché poi non è sostenibile» osserva Kopf. Ai rifugiati che hanno esperienze di lavoro non viene proposto un posto da manovale, ma di completare la loro formazione e la conoscenza del tedesco per poterli inserire a un livello adeguato alle loro conoscenze e capacità. Con i tagli dei fondi tutto diventerà più difficile accusa il direttore dell’Ams. Se nessuno aiutasse più i rifugiati a trovare un lavoro e imparare sufficientemente il tedesco, rimarrebbero più a lungo a carico della Mindestsicherung e a questo punto costerebbero di più. «La maggior parte delle persone arrivate rimarrà da noi. Perciò è più economico integrarle che non integrarle» conclude Kopf appellandosi al governo. Peccato che parte dei soldi siano già stati dirottati verso il dicastero di H.C. Strache che potrà disporne liberamente. Anche a fini di propaganda.