«Abbiamo fatto tre passi avanti: l’obiettivo di Italia e Germania è avere meno clandestini». È questo l’unico esito del primo faccia a faccia istituzionale con il ministro dell’Interno tedesco, Horst Seehofer, 24 ore prima del vertice di Innsbruck, riassunto ieri sera da Matteo Salvini.

NEL DETTAGLIO, Berlino ha promesso di aiutare Roma su «frontiere esterne e soldi per l’Africa» con la garanzia di «suddividere i migranti che sbarcano nella Penisola» come conferma il leader della Lega dopo l’incontro nel capoluogo tirolese durato meno di due ore.

Prima di squadernare gli obiettivi italo-tedeschi: «ridurre gli sbarchi, meno morti, aumento dei controlli alle frontiere» e rivendicare «la positiva collaborazione per entrambi i governi e i popoli, per maggiore sicurezza e minore immigrazione nei nostri Paesi».

Ma i due falchi della linea-dura contro i profughi hanno discusso anche le nuove regole per le missioni navali europee. «Oggi tutti quelli che arrivano in Italia restano qui. Ma non sarà più così», assicura Salvini, soddisfatto perché «invece del solito bilaterale franco-tedesco ne abbiamo avuto uno italo-tedesco».
È il trionfo dell’asse Roma-Berlino, anche se per ora solo a livello mediatico.

DIETRO LE QUINTE della comunicazione ufficiale, i due ministri sovranisti hanno tentato inutilmente a trovare la quadra per il «nuovo regime di frontiera» destinato a chiudere il cerchio politico di entrambi. Con Seehofer che ha provato, senza esito, a convincere Salvini a riprendersi indietro tutti i «profughi di competenza» espulsi dalla Germania, e il ministro leghista a spedire a Berlino gli spettanti sbarcati sulle coste italiane.
È la prova che il principale problema di Seehofer rimane la politica interna, con il suo crescente isolamento dentro e fuori alla Repubblica federale.

Ieri a Innsbruck il leader bavarese è stato contestato da un gruppo di manifestanti che hanno srotolato lo striscione «Qui non sei il benvenuto», mentre a Berlino dai banchi della maggioranza parlamentare che lo sostiene, la Spd gli ha intimato di smettere di resuscitare i «centri di transito» seppelliti dall’accordo del 5 luglio tra l’Union democristiana e i socialdemocratici.

IN PARALLELO, dall’opposizione ieri si è alzata la voce della Linke: dopo il suicidio del giovane afgano deportato a Kabul ha chiesto le «immediate dimissioni» di Seehofer denunciando la sua responsabilità personale in ciò che lui rubrica come un «incidente» di percorso. «È ora che Seehofer se ne vada» ha scandito Jan Korte, capo delegazione Linke al Bundestag, seguito dalle bordate del capogruppo dei Verdi Anton Hofreiter, pronto a denunciare la sua manifesta incapacità.

«Il ministro siede nel suo ufficio moralmente sopraffatto, rivelandosi inadatto a svolgere i propri compiti in modo responsabile». Perfino i liberali, che con il segretario Christian Lindner da mesi fanno eco agli strilli dell’ultradestra, non gli hanno risparmiato critiche al vetriolo: «A causa delle sue politiche ciniche, Seehofer si trova al posto sbagliato per la carica che ricopre».
Di fatto, il ministro Csu è davvero solo contro tutti e con lo sguardo unicamente incollato al 14 ottobre, data delle elezioni regionali in Baviera che rischiano per la prima volta di sottrarre il monopolio politico al partito cattolico.

SENZA CONTARE che Seehofer e Salvini possono decidere ciò che credono, ma l’ultima parola per quanto riguarda le decisioni tedesche spetta sempre alla cancelliera Angela Merkel. Mentre la soluzione condivisa celebrata ieri dai due ministri dell’Interno deve comunque passare per le forche del vertice di Innsbruck di oggi.