Oggi capiremo se, come affermava a inizio settimana il vice ministro degli esteri russo Mikhail Bogdanov, Washington e Mosca hanno davvero compiuto progressi nelle trattative sulla Siria. A Ginevra oggi si incontrano il capo della diplomazia russa Serghei Lavrov e il segretario di stato americano John Kerry. L’inviato speciale dell’Onu, Staffan de Mistura, ieri dava per certo il faccia a faccia e ha ribadito la richiesta di una tregua di almeno 48 ore per portare aiuti umanitari ai civili, in particolare ad Aleppo. «La Russia – ha ricordato De Mistura – ha già risposto di sì, ora aspettiamo gli altri. I camion sono pronti a partire». Kerry arriverà in Svizzera da Riyadh dopo aver ascoltato le richieste, o meglio le intimazioni, dei sauditi schierati con i gruppi jihadisti sunniti che combattono con Damasco.

Il meeting arriva dopo un nuovo importante sviluppo sul terreno, l’ingresso della Turchia in Siria, con truppe e mezzi corazzati, ufficialmente per combattere l’Isis, in realtà per combattere i curdi e per dare una mano ai “ribelli” siriani. Washington potrebbe aver assecondato i piani di Ankara per placare la tensione causata dalla presenza negli Stati Uniti di Fethullah Gulen – l’anziano predicatore accusato del presidente Erdogan di essere lo “stratega” del fallito golpe militare di luglio –, andando contro l’appoggio offerto dall’Amministrazione Obama negli ultimi mesi alle milizie curde che si sono dimostrate le più addestrate e motivate nella lotta allo Stato islamico (Isis).

Anche di questo discuteranno Lavrov e Kerry, chiamati ad affrontare punti centrali come l’ipotesi di una cooperazione complessiva contro l’Isis. Pochi credono che l’incontro si concluderà con un accordo su altri temi, più scottanti, a cominciare dalla cosiddetta “transizione politica” in Siria. Washington, la Turchia e altri Paesi, costretti dalla realtà sul terreno, ora sembrano accettare la possibilità che il presidente Bashar Assad resti alla guida della Siria fino alla conclusione della cosiddetta “fase politica transitoria”. Allo stesso tempo escludono categoricamente che Assad possa far parte del futuro del Paese, nonostante milioni di siriani restino schierati dalla sua parte. Ben diversa è la posizione della Russia che appoggia un negoziato con tutte (o quasi) le parti siriane coinvolte nella guerra civile e respinge l’idea di una uscita di scena definitiva, decisa a tavolino, di Assad.

In casa americana nel frattempo continua il dibattito sulla collaborazione con il Cremlino. Ieri l’agenzia di stampa americana Ap ha scritto che al Pentagono si sono levate più forti le voci contrarie a una maggiore intesa con la Russia, alla luce anche delle tensioni tra le due parti sulla crisi in Ucraina. Mosca a sua volta non ha fiducia in un partner (potenziale) che continua ad accusarla di compiere massacri e persino di usare gas tossici in Siria. Pertanto è lecito attendersi dall’incontro Lavrov-Kerry a Ginevra non più dell’accordo per la tregua di 48 ore che consentirà all’Onu di consegnare alla popolazione civile di Aleppo gli aiuti umanitari che aspetta da settimane.