«Questo è per me il più bello e il più triste paesaggio del mondo. Guardate attentamente questo paesaggio per essere sicuri di riconoscerlo se un giorno farete un viaggio in Africa, nel deserto. E se vi capita di passare di là, vi supplico, non vi affrettate, fermatevi un momento sotto le stelle! E se allora un bambino vi viene incontro, se ride, se ha i capelli d’oro, se non risponde quando lo si interroga, voi indovinerete certo chi è. Ebbene, siate gentili! Non lasciatemi così triste: scrivetemi subito che è ritornato». Si conclude così Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry, l’autore che si è lasciato «addomesticare» dal bambino proveniente dall’asteroide B 612, incontrato nel deserto quando era caduto e tentava di riparare il suo aereo in avaria. Visitando la mostra À la rencontre du petit prince al Musée des Arts Decoratifs di Parigi, in cui sono espliciti gli inviti al viaggio e al sogno, ognuno può immaginare quale risposta dare ad Antoine. La storia fuori dal tempo e la scrittura poetica, disseminata di suggestive illustrazioni, del libro per bambini, ma forse più per adulti, è una favola e insieme una specie di conte philosophique in grado di svelare aspetti sconosciuti dell’autore e suggerire illuminanti chiavi di lettura per comprendere un racconto universale e enigmatico. La mostra che si apre il 17 febbraio è la prima grande esposizione dedicata in Francia al Piccolo Principe e alla singolare personalità di Saint-Ex, scrittore, poeta, giornalista, aviatore, inventore, animato tutta la vita da un ideale umanistico, il vero motore della sua opera.

Il manoscritto
Nelle sale del museo, in cui l’omaggio al celebre libro tradotto in tutte le lingue del mondo e continuamente riproposto in innumerevoli edizioni, il maggior motivo di attrazione è rappresentato dal manoscritto originale conservato alla Morgan Library&Museum di New York e finora mai presentato al pubblico internazionale. Nelle varie postazioni sfilano acquarelli, schizzi, disegni ma anche fotografie, brani di corrispondenza, ritagli di stampa. Il percorso si apre con l’infanzia di Antoine illustrata da inedite fotografie d’epoca. Lo scrittore, nato a Lione il 29 giugno 1900 dal conte Jean de Saint-Exupéry e da Marie de Fonscolombe, a due anni perde il padre. Ma la vita del bambino e dei fratelli François e Simon, e delle sorelle Gabrielle e Marie-Madeleine è protetta da numerose figure femminili, le governanti, la zia Anaïs, la mamma, alla quale è molto legato. In estate la zia Tricaud li accoglie al castello di Saint-Maurice-de-Rémens vicino a Lione, un verde paradiso per i giochi infantili. I giochi del bambino dai riccioli d’oro sfidano il tempo e le convenzioni. Il grande flusso di energia che lo percorre, la gioia di vivere lo fanno definire «re Sole» e diventa l’orgoglio del castello. Come se sentisse il vibrare delle stelle. Le stelle che sono in ogni uomo, ma solo pochi le sanno riconoscere.

Le tempeste che lo animano si calmano tra le braccia di sua madre che implora: «Mamma, abbracciatemi, abbracciatemi». Quando la madre rimane vedova si trasferisce a Le Mans dove Antoine e il fratello François entrano al collegio dei gesuiti Notre-Dame-de-Sainte-Croix e vi resteranno fino a quattordici anni. Crea il giornale scolastico L’Écho de troisième, dove pubblica il racconto «Odissea di un cappello», che ottiene il premio come migliore composizione francese dell’anno. Allo scoppio della Prima guerra mondiale col fratello François viene accolto come interno alla Villa Saint-Jean di Friburgo, in Svizzera. In suo onore nel 1996 la strada che passa davanti al collegio è stata battezzata Rue Antoine-de-Saint-Exupéry. Qui si appassiona alla lettura di Balzac, Dostoevskij, Baudelaire. Quando consegue la maturità, si trasferisce a Parigi per iscriversi all’Académie Navale. Ma è respinto. Viene invece accolto all’École des Beaux Arts nel corso di architettura. Nel 1921 entra nel Secondo Reggimento d’aviazione di Strasburgo con il compito di meccanico, una situazione che per lui è fonte di grande sofferenza.

Pilota
Per diventare pilota militare deve seguire costose lezioni e ottenere prima di tutto il brevetto di pilota civile. Il 18 luglio dello stesso anno, compie il suo primo volo su un Farman F-40, un apparecchio con doppi comandi , quale copilota dell’istruttore. Pochi giorni dopo, vola da solo su un Sopwith F-CTEE della Compagnie Transaérienne dell’Est. Fa un atterraggio catastrofico, ma per fortuna senza troppi danni. Avrà molti altri incidenti, ma è deciso a fare il pilota. Il più grave avviene il 14 febbraio nel 1937 quando a bordo del suo aereo privato Simoun, assieme al suo fedele meccanico Jean Prévot, precipita sulla pista di Guatemala City. Rischia l’amputazione del braccio destro, ma il pericolo è scongiurato, anche se il suo stato generale è disastroso. Le ferite hanno raddoppiato i dolori delle cadute precedenti, che porterà fino alla fine della sua vita, sofferenze intollerabili alla schiena, alla spalla mal rinsaldata, al setto nasale rotto e deviato.

Continua però anche a scrivere molte poesie che illustra con i suoi disegni. Nel 1926 la rivista Le navire d’argent gli pubblica la novella «L’aviatore», frammento di un testo andato perduto, che si intitolava L’evasione di Jacques Bernis, primo abbozzo di quello che diventerà nel 1928 Corriere del Sud. Il romanzo raccoglie e sublima le sue drammatiche esperienze di volo sul Sahara nelle missioni aeree in Africa del Nord. Il protagonista è Jacques Bernis, innamorato di Geneviève, la stessa donna amata dall’autore, che sfuggirà però a entrambi. Metà cronaca delle difficoltà affrontate nella fase eroica dell’aviazione francese, metà diario intimo sull’impossibilità di amare, è il racconto del destino sospeso sui personaggi a cui nessuno può sottrarsi. Bernis scompare nel deserto. L’autore si assume il compito di rintracciarne i passi in un altro deserto, quello della memoria.

Su raccomandazione del generale Edmond Barès, viene assunto dalla Compagnie Aérienne Française come istruttore incaricato dei battesimi dell’aria degli allievi. Ottiene il brevetto di pilota di trasporti pubblici. È così che riesce a entrare alla Compagnie Générale Aéropostale. Fa il pilota sulla linea Tolosa-Casablanca-Dakar. Nel 1931 esce Volo di notte che racconta il tragico volo di un pilota che, sulla rotta che collega la Patagonia a Buenos Aires, si trova nel mezzo di una terribile tempesta, mentre alla base i compagni assistono impotenti alla sua fine. Quando il manoscritto è ancora da Gallimard, André Gide, che l’ha letto, vuol scriverne la prefazione. Quello che Gide ammira di più è che Saint-Exupéry racconta con cognizione di causa: «È l’autenticità del racconto che lo fa essere all’altezza delle grandi storie morali in cui i personaggi hanno una inconsueta nobiltà. È di questo che abbiamo bisogno che ci si racconti. L’autore è un eroe epico, la sua forza virile commuove. Con la sua ingenuità, il suo spirito fanciullesco e nello stesso tempo la sua stazza impressiona. Quando entra in una stanza non lo si può ignorare, parla a voce alta e, quando tace, la sua presenza è ancora più forte». Se non ottiene lo stesso successo economico del precedente, gli frutterà però il premio Femina.

L’anno prima a Buenos Aires aveva incontrato Consuelo Suncin Sandoval de Gomez, figlia di un coltivatore di caffè di El Salvador. Ha già avuto una fidanzata, la scrittrice Louise de Vilmorin con la quale si era lasciato in modo tempestoso, ma decide di sposare Consuelo, che – nonostante le molte avventure amorose di Antoine, di cui la più importante è quella con Nelly de Vogue, che lo aiuterà finanziariamente – rimane l’unica donna importante, anche con lunghe separazioni e riavvicinamenti. Ma la vita con Consuelo è dispendiosa, i libri non gli danno grandi guadagni. Air France gli offre un posto di addetto alle relazioni con il pubblico che prevede numerose trasferte all’estero. Le sue stravaganze, come l’auto Bugatti e l’aereo personale, gli costano molto. Nello stesso periodo brevetta l’invenzione di un sistema di atterraggio sicuro.

Il grande schermo
Si fa vivo anche il cinema. Night Flight (1933), regia di Clarence Brown con Clark Gable e Helen Hayes, che gli americani hanno tratto da Volo di notte, viene proiettato a Parigi per ben dieci settimane con grande successo. Se il riscontro economico non è come Saint-Ex si aspettava, le impressionanti scene di volo, che creano fedelmente per la prima volta l’atmosfera reale dell’aviazione civile, lo ripagano. Sta finendo la sceneggiatura del lungometraggio Anne-Marie, che vede protagonista un’aviatrice interpretata da Annabella, la famosa attrice francese che lavorerà poi a Hollywood e sposerà Tyrone Power, concupita da cinque aviatori. Durante un volo notturno in mezzo a una violenta tempesta, sarà un sesto personaggio, chiamato l’Inventore, che con segnali in alfabeto morse la guiderà verso la pista di atterraggio e la salvezza.

Nel dicembre 1935 l’incidente di Antoine e del suo meccanico André Prévot in occasione del raid aereo Parigi-Saigon, costituisce il capitolo centrale di Terra degli uomini, in cui l’intenso filo conduttore è la passione per l’aviazione, vista non come brivido del rischio, ma come senso del dovere e della grandezza della propria missione. Più che un romanzo, è una rassegna di avventure nei cieli del mondo, di memorie autobiografiche, di riflessioni e appunti di viaggio, scritti durante la lunga convalescenza dopo l’incidente aereo in cui aveva rischiato di morire. La sua riflessione conferma quanto sia legato al mondo dell’aviazione: «La terra ci fornisce, sul nostro conto, più insegnamenti di tutti i libri. Perché ci oppone resistenza. Misurandosi con l’ostacolo, l’uomo scopre se stesso. Ma per riuscirci gli occorre uno strumento. L’aeroplano, strumento delle vie aeree, coinvolge l’uomo in tutti gli antichi problemi».

Ma il libro è anche la fonte d’ispirazione per Il piccolo principe illustrato dallo scrittore. Il disegno infatti occupa un posto fondamentale nella sua vita. Per lui disegnare rappresenta il legame con la propria infanzia. È proprio attorno al disegno che l’aviatore e il bambino si incontrano. Ma scriverà Il piccolo principe solo più tardi.

Léon
Gli anni successivi vanno inesorabilmente verso la guerra. Antoine rafforza il suo rapporto di amicizia con Léon Werth, l’amico del futuro Lettera a un ostaggio, un dialogo a una sola voce con Léon, in cui racconta episodi vissuti insieme e descrizioni di luoghi, come Lisbona, che l’hanno particolarmente colpito per la loro bellezza, o la sua ammirazione per il deserto che conosce così bene. A lui dedica Il piccolo principe: «Domando perdono ai bambini di aver dedicato questo libro a una persona grande. Ho una scusa seria: questa persona grande è il miglior amico che abbia al mondo. Ho una seconda scusa: questa persona grande può capire tutto, anche i libri per bambini; e ne ho una terza: questa persona grande abita in Francia, ha fame, ha freddo e ha molto bisogno di essere consolata. E se tutte queste scuse non bastano, dedicherò questo libro al bambino che questa grande persona è stato. Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano). Perciò correggo la mia dedica: A Leone Werth quando era un bambino».

Aveva conosciuto Léon nel 1932 e molto presto era nata tra i due un’amicizia profonda. Lui lo scrittore aristocratico e l’altro, di venti anni più anziano, autore di molte opere, umanista e ebreo, che avverte il disastro che sta per avvenire. Anche se ne è l’ esatto opposto, Saint-Ex ammira i suoi scritti per non aver mai ceduto, per la sua ricerca della verità, il suo spirito osservatore e la semplicità della sua prosa. A Parigi o nella casa di Saint-Amour, nel Giura, Saint-Exupéry passa dei momenti tranquilli e sulla nave che lo porta in America, si ricorderà di lui come di un’ancora, di un punto di riferimento: «Vicino a te non mi devo discolpare, ho trovato la pace». Mentre Antoine alla vigilia della guerra lascia la Francia, l’amico sceglie di restare a Parigi. Léon e sua moglie fanno parte della Resistenza e nel loro appartamento nascondono ebrei e salvano piloti britannici e canadesi.

Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, il capitano Saint-Ex è richiamato in servizio per istruire i piloti. È dopo la disfatta francese che decide di trasferirsi negli Stati Uniti. Nell’estate caldissima del 1942, sta scrivendo Il piccolo principe. Ma non riesce a proseguire. Sarà Consuelo, in uno dei ritorni del loro matrimonio, che con la sua determinazione trova una villa a North Port, nel Connecticut. A Bevin House, ribattezzata la casa del piccolo principe, viene alla luce il capolavoro di Antoine. È nel deserto che compare il personaggio e la prima domanda che fa all’aviatore è: «Mi disegni, per favore, una pecora?». Questi, che sente la vocetta ma non sa da dove arrivi, dopo il primo stupore, vede l’ometto che gli ripete la domanda. Ma le pecore che Antoine gli disegna non lo soddisfano. Una sembra malaticcia, una ha le corna ed è perciò un ariete, la terza è troppo vecchia. Saint-Ex disegna per la pecora una cassetta con dei fori. Al che il bambino finalmente soddisfatto vede la sua pecora addormentata dentro la cassetta. Il potere dell’immaginazione, così forte nei piccoli, viene spesso perso dagli adulti.

Nel suo viaggio per arrivare sulla terra il piccolo principe ha visitato molti altri asteroidi tutti piccoli come il suo. Su uno ha incontrato una volpe che gli chiede di addomesticarla: «Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. E poi, guarda! Vedi, laggiù, in fondo, dei campi di grano? I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticata. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. Addio,«disse la volpe. «Ecco il mio segreto, è molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi».

Sull’asteroide B 612 una mattina il piccolo principe scopre un fiore, una rosa che pretende di essere accudita, ma che profuma il pianeta e che il bambino si addolora di aver abbandonato. Ha solo quattro spine per difendersi dal mondo, e lui l’ha lasciata sola! Il libro non è la storia di un adulto che riceve la verità dalla bocca di un bambino. Ma è una storia di legami che orientano l’esistenza.
Antoine de Saint-Exupéry se n’è andato nel luglio 1944. Aveva accettato il sacrificio della sua vita, l’aveva annunciato come il piccolo principe. Aveva quarantaquattro anni, era celebre, ma triste e affaticato: La Francia lacerata, una civiltà perduta, l’avvicinarsi del dopoguerra lo tormentava. «Se sarò abbattuto, non rimpiangerò assolutamente niente. Il termitaio futuro mi spaventa e odio i loro modi da robot. Io ero fatto per essere giardiniere».

Questo era l’uomo, con il suo talento e la sua fragilità, la sua forza di carattere e le sue nostalgie. Saint-Ex parte per l’ultimo volo. Sono le otto e trenta del 31 luglio 1944 quando entra nella stretta carlinga del Lightning n. 223 all’aeroporto di Bastia in Corsica. Il suo compito è esplorare il Sud della Francia sorvolando la valle del Rodano in vista dell’offensiva alleata in Provenza. Ma non farà mai ritorno. Il suo aereo scompare in mare vicino a Marsiglia. Consuelo non ne sa nulla fino al 10 agosto, quando la notizia appare sui quotidiani. Molti anni dopo, il pilota tedesco Horst Rippert ricorderà di aver colpito un aereo nemico in quel giorno in quella zona del Mediterraneo. Si scoprirà così il luogo della sua morte. Le ricerche che recuperano i resti di un aereo confermano che si tratta proprio di quello di Saint-Ex dal ritrovamento del braccialetto che la moglie gli aveva regalato a New York. Sulla sua targhetta è inciso: «Antoine de Saint-Exupéry (Consuelo)».