Tra le solidarietà giunte ad Augusto Minzolini per la condanna per abuso d’ufficio, ci sono quelle di Gasparri e Brunetta, che parlano, al solito, di accanimento e di magistrati politicizzati, e c’è, inopinata, quella di Michele Anzaldi, del Pd, per il quale il provvedimento sarebbe «incomprensibile».

Anzaldi però ha memoria corta. Perché, al di là del merito giuridico sul quale non siamo abilitati ad entrare e di una sentenza che bisognerebbe rispettare, egli dovrebbe ricordare che la stagione alla direzione del Tg1 di Minzolini fu la peggiore per la testata dell’ultimo quarto di secolo. Le defenestrazioni della Ferrario e di molti professionisti come Di Giannantonio, Damosso, del caporedattore De Strobel, o la defezione della Busi, per citarne alcuni, furono la conseguenza della volontà del direttore di marginalizzare i giornalisti che non si erano schierati (con lui) sul caso Mills: nato perché il Tg1 aveva mentito sul legale inglese (coimputato con Berlusconi di corruzione) annunciando che era stato assolto, quando in realtà il reato era solo prescritto.

Nessun rilievo professionale fu rivolto in quell’occasione agli “epurati”, allontanati in virtù di una precisa strategia punitiva, come denunciavano in quei giorni molti colleghi e i vertici della Fnsi. E che di questo si trattasse e non di altro lo si capisce se si riporta alla mente ciò che avveniva nella gloriosa redazione sotto la direzione dell’ex giornalista della Stampa, già distintosi per la fedeltà alla causa berlusconiana.

Messo alla testa dell’ammiraglia della Rai si offriva in video in una serie infinita di editoriali filogovernativi come mai prima di lui nessuno aveva fatto sul principale tg del paese e si rendeva artefice di eclatanti omissioni, alcune clamorose: oltre alla sentenza Mills, e senza citare altri episodi (come l’arresto di Alfredo Papa), riusciva a silenziare completamente lo scandalo delle “cene eleganti” del premier proprio mentre esse monopolizzavano le prime pagine dei giornali e dei media nazionali ed esteri («chiacchiericci», solo un «pettegolezzo del momento» spiegava al tg delle 20 il 22 giugno 2009!). Il telegiornale che fino ad allora, nonostante gli avvicendamenti al potere, aveva mantenuto una sua dignità, veniva sbattuto in trincea alla maniera dei tiggì di Mediaset. Non contento Minzolini lo infarciva di frivole e ridicole amenità, come i servizi sul ritorno del bikini o sulla nuova Ferrari decappottabile che non rovinava la pettinatura delle signore, facendone un prodotto informativo alla “emilio fede”.

Il risultato fu il crollo degli ascolti, che passarono da quasi il 30% del 2008-2009 a poco più del 20% nel biennio “augusteo” 2010-2011, con la perdita di oltre un milione di spettatori e di una, ancora rispettabile, credibilità, a tutto vantaggio del neonato tg di Mentana su La7. Alla luce di tutto questo la condanna di oggi forse è meno «incomprensibile» di quanto appaia a qualcuno.