Quando è troppo è troppo. Perché con la commissione Antimafia c’entrava come il cavolo a merenda. Una presenza inopportuna a dir poco, sorta e tramontata nel breve volgere di una giornata. Il senatore Antonio Caridi (Pdl) ha fatto marcia indietro e ha rinunciato alla carica proposta dal capogruppo Schifani che lo aveva indicato come nuovo membro dell’Antimafia in quota Pdl. Troppo forti le polemiche, tanto lo sdegno delle associazioni antimafia.

La Casa della Legalità e della Cultura, osservatorio sulla criminalità e le mafie, aveva espresso la propria indignazione in una missiva inviata due giorni fa ai presidenti di Camera e Senato, Boldrini e Grasso, segnalando che «l’ombra che poggia sulla persona del senatore Caridi, per i rilievi promossi dalla Direzione investigativa antimafia (antecedenti all’elezione al Senato), rischia di gettare dubbi e sospetti sulla costituenda commissione minandone la credibilità e autorevolezza». In effetti, pur non indagato, Caridi compare in un’informativa della Dda di Genova sulle attività del boss Nino Gullace che ha consentito di documentare «l’alacre attività di sostegno svolta, nell’ultimo voto regionale, da esponenti della cosca, anche con palesi intimidazioni, a favore del candidato Antonio Stefano Caridi divenuto poi assessore alle attività produttive della giunta Scopelliti».

A partire dal luglio 2008 il centro operativo della Dda genovese aveva svolto un’articolata attività investigativa, volta al monitoraggio di soggetti ed aziende liguri, operanti prevalentemente nel settore edilizio, nonché degli scavi e movimento terra, riconducibili a sodalizi di ‘ndrangheta. Le indagini riguardanti alcuni imprenditori calabresi operanti nel ponente ligure sono state ben presto estese a Nino Gullace, pluripregiudicato per gravi reati, quali omicidio, associazione per delinquere di stampo mafioso, porto abusivo e detenzione di armi, sequestro di persona, traffico di stupefacenti, già sottoposto alla misura di prevenzione antimafia della sorveglianza speciale, quale affiliato alla cosca della ’ndrangheta Raso-Gulllace-Albanese di Cittanova. E seguendo le sue tracce e quelle della sua cerchia come il cugino Girolamo Raso, detto «il professore», ed il fratellastro Giuseppe Raso, detto «avvocaticchio», che gli investigatori sono arrivati a Caridi.

Ma il dossier inviato dagli attivisti antimafia a Boldrini e Grasso conteneva dell’altro. Non ultima la considerazione che Caridi era stato scelto come assessore regionale da Scopelliti, già sindaco di Reggio Calabria che «a seguito di indagini della competente autorità giudiziaria e di un’apposita commissione d’accesso, si è evidenziato ente fortemente infiltrato e condizionato dalla ’ndrangheta tanto da comportare lo scioglimento». E forse non a caso, lascia intendere la missiva, «la passata amministrazione comunale guidata da Scopelliti aveva preso direttamente parte a due incontri-gemellaggi con la città di Genova». Tra cui la «Festa dei calabresi» promossa da Aldo Praticò (Pdl), consigliere comunale a Genova e candidato alle elezioni regionali del 2010, con il sostegno del “locale” della ’ndrangheta di Genova. L’indagine della Dda di Genova è ancora in corso e non si escludono brutte sorprese per il senatore Caridi. Che intanto ha messo la retromarcia e ha abbandonato anzitempo la commissione.