Tour de force da finale di stagione in Parlamento. Rischi concreti in realtà non ce ne sono, anche perché seguendo la sua tattica abituale Conte ha rinviato a settembre tutte le scelte spinose e finirà per slittare anche il ricambio delle presidenze di commissione in Parlamento. È materia troppo delicata per affrontarla sul serio con agosto alle porte. In compenso sceneggiate e spettacolo, nelle tre votazioni in agenda da oggi a giovedì, probabilmente abbonderanno.

OGGI si voterà sulla proroga dello stato d’emergenza. Bersagliato dalle critiche anche all’interno della maggioranza Conte ha cercato di stemperare, sia estendendo la proroga solo sino al 31 ottobre e non, come inizialmente previsto, fino alla fine del 2020, sia evitando di mettere il Parlamento di fronte al fatto compiuto. Sarà una mozione di maggioranza, oggi, a proporre la proroga. Il progetto dei partiti della maggioranza è infilare nella proroga tali e tanti paletti, dall’obbligo di precisare i limiti temporali di qualsiasi decisione a quello di circoscrivere le aree territoriali, da ridurre i poteri eccezionali all’osso. La maggioranza per prima vuole che i «dpcm» finiscano nel magazzino delle curiosità storiche: strumento adoperato una tantum e poi messo a riposo.

L’OPPOSIZIONE, soprattutto Lega e FdI, però coglierà l’occasione per fare il più rumore possibile. Salvini ha iniziato già ieri, presenziando alla riunione al Senato dei contrari al lockdown e rifiutando di indossare la mascherina. Le scintille ci saranno ma senza alcun rischio di incendio. Né si correranno rischi domani, quando si voterà lo scostamento di bilancio di 25 miliardi di euro, necessario per varare la settimana prossima (se tutto andrà bene) il «Dl Agosto». L’opposizione è decisa a non sostenerlo, a differenza di quanto successe sullo scostamento di 55 miliardi per il dl Rilancio. Berlusconi non romperà il fronte. A meno di una posizione di apertura molto esplicita e impegnativa del premier sulla scelta di scrivere insieme il dl, dalla destra non arriverà nessuna rete di salvataggio. Non dovrebbe servire. La maggioranza ha 165 voti senza contare i senatori a vita. Ne occorrono 161, che dovrebbero scendere a 160 tenendo conto dei seggi vacanti.

CON UN PALLOTTOLIERE così disposto l’eventale «apertura» del premier avrebbe un significato essenzialmente politico. Più che a mettere in sicurezza lo scostamento servirebbe a lanciare un segnale preciso a Fi in vista dell’autunno. Le voci sulla possibile nomina del forzista Brunetta alla presidenza della commissione speciale sul Recovery Plan della Camera vanno in quella direzione, tanto che ieri sia il fozista Sisto sia lo stesso Cavaliere hanno smentito qualsiasi possibilità di appoggio del partito azzurro al governo.

IN REALTÀ il segnale, da una parte e dall’altra, sarebbe difficilmente equivocabile e neppure nelle favole lo si potrebbe immaginare come privo di conseguenze. Solo che al momento solo di chiacchiere si tratta. Non è ancora stato neppure deciso di istituire le due commissioni, ipotesi che anzi nella maggioranza incontra parecchie resistenze essendoci già le commissioni parlamentari competenti. Da palazzo Chigi, poi, non è arrivato ad Arcore alcun segnale e i forzisti sono i primi a non credere nella possibilità di una presidenza affidata oltretutto a un parlamentare combattivo e testardo come Brunetta. In ogni caso, anche la partita delle commissioni speciali, come quella della task force alla quale Conte non intende rinunciare, si giocherà in autunno. Certo non ora.

LE SORPRESE, se ci saranno, arriveranno giovedì, con il voto sull’autorizzazione a procedere contro Salvini per il caso della «Open Arms». Renzi tiene le carte coperte, non fa sapere se la sua Iv salverà anche in aula il leghista, dopo aver votato in questo senso in commissione. Dei tre voti di questa settimana quello su Salvini è l’unico che non metterebbe comunque a rischio il governo, il che permette a Renzi massima libertà di azione. Si può stare certi che, in un modo o nell’altro, la sfrutterà a fondo.

LE DIFFICOLTÀ, per il governo, arriveranno solo dopo la settimana di fuoco. Con la conversione del «dl Semplificazioni», che non sarà una passeggiata, e soprattutto con la scelta sul Mes.