Svolta finale nelle indagini sui fatti di piazza San Carlo. Un’operazione congiunta di procura e questura di Torino ha individuato i presunti responsabili del panico collettivo generatosi il 3 giugno di un anno fa, durante il match di Champions League fra Juventus e Real Madrid. Ieri sono stati, infatti, emessi dieci provvedimenti cautelari nei confronti di altrettante persone: sei arresti in carcere, uno ai domiciliari e tre obblighi di firma. Avrebbero utilizzato gas urticante per derubare la folla che si trovava stipata davanti al maxi-schermo. Gli arrestati sono tutti ventenni prevalentemente di origine maghrebina.

Non sarebbe stata la prima volta che il branco utilizzava, ai fini di rapina, spray urticante al peperoncino. Dalle indagini è emerso che lo avrebbero fatto in altri due eventi: il concerto di Elisa alle Ogr di Torino il 30 settembre 2017, interrotto proprio per l’allarme spray, e nel gennaio 2018 in una discoteca di Verona. Ma sotto la lente degli investigatori ci sono anche altri grandi raduni pubblici in Olanda, Francia, Germania e Belgio. Dei dieci che formano il gruppo quattro erano presenti in piazza San Carlo e per due di loro l’accusa è omicidio preterintenzionale. Il primo S.B., 20 anni residente a Torino, ha confessato.

Quella sera, durante l’attesa finale di Champions, il panico causò una bolgia infernale: Erica Pioletti, 38 anni, morì dopo 12 giorni di agonia in ospedale e rimasero ferite 1.526 persone. La folla fuggiva dopo che si era diffusa la notizia di un attentato. In molti caddero tra i cocci di bottiglia rotti. Oltre alla rapina agli indagati sono contestate le lesioni nei confronti di circa 300 persone. «Per noi non cambia nulla: Erika, purtroppo, non ce la restituisce più nessuno», ha commentato Angelo Rossi, zio della vittima. L’avvocato Stefano Gubernati, che assiste tre persone rimaste ferite durante gli incidenti ha, invece, dichiarato: «La notizia degli arresti è positiva, ma rimane il fatto che il 3 giugno la gestione di piazza San Carlo non è stata ottimale».

Quello che ha portato a sette arresti è uno dei due filoni della complessa indagine sui fatti del 3 giugno, anche l’altro, quello relativo alle omissioni nella predisposizione di misure di sicurezza, è giunto a conclusione. Sono quindici gli avvisi di fine indagine recapitati e per i coinvolti si profila una richiesta di rinvio a giudizio. L’atto è stato notificato alla sindaca di Torino Chiara Appendino. «Resto a disposizione della magistratura, come lo sono sempre stata», ha sottolineato. Nell’elenco compaiono anche l’ex capo di gabinetto Paolo Giordana e l’allora questore Angelo Sanna. Chiesta, invece, l’archiviazione per il prefetto di Torino Renato Saccone. I pm Antonio Rinaudo e Vincenzo Pacileo stanno procedendo per disastro, lesioni e omicidio colposo. Il procuratore capo di Torino Armando Spataro evidenziando «i tempi brevi» con cui è stata svolta l’indagine ha voluto manifestare apprezzamento nei confronti degli indagati istituzionali fra cui la sindaca Appendino: «Un rispetto istituzionale – ha aggiunto Spataro – che dimostra come ci sia la volontà di difendersi nel processo e non dal processo».

È, però, ormai chiaro che l’organizzazione della serata in piazza San Carlo fu frettolosa e lacunosa. Ci furono errori nella progettazione, le problematiche sulla sicurezza si limitarono al rischio terrorismo, venne fatta affluire troppa gente (circa 40mila persone), si permise la circolazione di bevande alcoliche in bottiglie di vetro che una volta frantumate a terra diventarono un tagliente tappeto di cocci, le transenne bloccarono le vie di fuga. Il grosso dell’impostazione accusatoria deriva dal lavoro di consulenti ed esperti del settore che hanno analizzato il comportamento della folla in preda al panico, altri hanno adoperato modelli  matematici per delle simulazioni. Sono stati, inoltre, interrogati non meno di duecento testimoni. Resta, infine, ancora aperta un’inchiesta parallela riguardante il secondo evento del 3 giugno, la proiezione «gemella» al Parco Dora, dove non si verificarono incidenti ma svariate irregolarità di gestione.