Ancora un incidente mortale all’Ilva di Taranto. A perdere la vita ieri mattina è stato Antonio Martucci, operaio 49enne originario di Massafra, dipendente della ditta Pitrelli, una delle tante che operano nell’appalto del siderurgico tarantino. L’incidente è avvenuto nel cantiere di demolizione e rimozione della depolverazione secondaria della linea D dell’agglomerato, l’area in cui viene preparato il materiale di carica per gli altiforni. L’agglomerato è uno degli impianti più importanti dell’area a caldo dell’Ilva di Taranto ed è soggetta agli interventi di risanamento ambientale prescritti dall’Aia.

Stando alla più fedele ricostruzione dei fatti, l’operaio era giunto con un mezzo della ditta all’interno del cantiere in cui opera l’azienda. Dopo aver imbracato dei tubi parte di una grossa condotta metallica utilizzata per l’aspirazione dei fumi, era iniziata l’operazione di carico e scarico del materiale quando, per motivi in corso di accertamento, l’imbracatura a cui erano legati i tubi ha ceduto investendo in pieno l’operaio che in quel momento si trovava sotto di essi, per il quale non c’è stato niente da fare.

Alla tragica notizia è subito scattato lo sciopero di 24 ore indetto dai sindacati metalmeccanici che si concluderà stamattina alle 11. Unanime la condanna di Fiom, Fim e Uilm, che hanno subito parlato di «incidente evitabile» e di una «sicurezza che ancora manca all’interno dell’azienda». I sindacati vogliono «vederci chiaro» perché «non è accettabile che si esca da casa per andare a lavorare e non si faccia ritorno». Mentre la Fiom Cgil ha già dichiarato che si costituirà parte civile. Immediata è scatta l’indagine interna dell’azienda che ha sospeso «cautelativamente le attività del cantiere in cui operava l’impresa in attesa di chiarimenti su quanto accaduto». La magistratura che ha aperto un fascicolo sulla morte dell’operaio.

Intanto si attendono notizie da Roma sul futuro dello stabilimento. Visti anche i conti i rosso, con una perdita mensile che oscilla tra i 25 e i 30 milioni di euro, e un indotto con tantissime ditte sempre più vicine al collasso finanziario. Tanto è vero che sono ben 11.337 le domande di insinuazione al passivo presentate dai creditori dell’Ilva che i commissari straordinari hanno ritenuto ammissibili e che sono state depositate al Tribunale fallimentare di Milano che lo scorso 30 gennaio 2015 aveva dichiarato lo stato di insolvenza del gruppo siderurgico per un rosso di circa 3 miliardi. La prossima udienza per la verifica dei crediti è in programma a Milano il 27 novembre.

Nonostante questo caos di incertezza generale, il silenzio del governo e dei commissari Ilva sottende il fatto che un piano ci sia e che lo si stia seguendo in silenzio, nonostante tutto. E questo piano si chiama new.co, che nei progetti del governo sarebbe dovuta nascere in autunno, mentre sarà costituita non prima dell’inizio del 2016: in queste settimane infatti è prevista la presentazione del piano di ristrutturazione elaborato dai commissari al Mise, che dovrà essere approvato dal ministero e dal governo, che aprirà le porte alla nuova società a cui affittare gli impianti per i prossimi anni. Il fascicolo Ilva, sostengono indiscrezioni romane, è infatti passato direttamente nelle mani del premier Renzi.