Le telefonate negli studi degli avvocati penalisti più competenti e agguerriti del paese danno il peso specifico dell’inchiesta per corruzione che ha travolto gran parte del settore dei tributaristi italiani, impegnati fin dall’abilitazione all’insegnamento a favorire i propri pupilli, senza preoccuparsi del merito di questo o quel giovane studioso della materia. Se Nino D’Avirro ha assunto la difesa dell’ex ministro Fantozzi, indagato insieme ad altri 58 fra docenti o ex docenti della materia andati in pensione, Giovanni Flora si è preso in carico Adriano Di Pietro, uno dei sette prof finiti agli arresti domiciliari.
Proprio Di Pietro è stato ascoltato dal gip Angelo Pezzuti nel primo interrogatorio di garanzia fissato dal giudice. “Il professor Di Pietro ha reso una dichiarazione spontanea – ha spiegato Flora che difende in tandem con Luigi Stortoni – e ha ribadito di aver sempre agito nell’esclusivo interesse della scienza, e di non aver mai fatto scambi per garantire il posto a qualcuno”. Il problema è che nelle 172 pagine dell’ordinanza del gip Pezzuti viene delineato, anche grazie alle intercettazioni dei finanzieri, uno scenario di tutt’altra natura.
Più facile, per i difensori, chiedere la revoca della misura cautelare: “Il professor Di Pietro è ormai in pensione, e quindi non partecipa più ad alcuna commissione. Inoltre, anche a causa dell’immagine negativa, non è più in grado di agire”. Il giudice Pezzuti si è riservato la decisione dopo che avrà avuto un parere scritto anche dal pm Paolo Barlucchi, che con il collega Luca Turco ha scoperchiato il vaso di pandora di un settore delicato, e assai remunerato, come quello dei tributaristi.
Intanto Philip Laroma Jezzi, il tributarista anglofiorentino che con la sua denuncia ha dato il via all’inchiesta – e che è già stato intervistato da alcuni quotidiani – decide di tenere il profilo basso ma offre un paio di precisazioni, a loro modo illluminanti, sia sulla sue capacità professionali che sulle relazioni intessute in questi anni: “L’attuale tesoriere del Pd, Francesco Bonifazi, è stato un mio praticante quando ero socio di un altro studio fiorentino. Mentre del sottosegretario Maria Elena Boschi sono stato il relatore alla sua tesi di laurea”.
Mentre gli studenti si dividono fra chi è preoccupato per le tesi (22 prof sono interdetti per un anno) e chi se la ride sarcasticamente (“hanno scoperto l’acqua calda”), la ministra Fedeli a Radio Rai promette: “Da sei mesi stiamo lavorando con l’Anac per inserire l’università in uno specifico focus del piano anticorruzione. Entro ottobre avremo questa normativa per rendere più trasparenti i concorsi”. Missione possibile? Mica tanto, visto che l’ex ministro Nicolais sentenzia che “certi pm vedono reati ovunque”. Mentre, sul fronte opposto, l’editore Ottavio Navarra, candidato con Claudio Fava per la sinistra alle regionali siciliane, ricorda che nel 1990 a Palermo era stato denunciato pubblicamente l’andazzo nel locale ateneo. Ventisette anni dopo, niente è cambiato.