È stata la giornata del plenum straordinario del Consiglio superiore della magistratura, convocato ieri pomeriggio a Roma per cercare di porre un argine al mercato degli incarichi che il caso Palamara ha scoperchiato. Il prologo c’è stato a Perugia, dove i pm indagano su Luca Palamara, pm della corrente Unicost in forza alla procura di Roma, accusato di corruzione per i suoi rapporti con gli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore e il lobbista Fabrizio Centofanti. Luigi Spina, ex togato di Unicost del Csm (si è dimesso la scorsa settimana) era atteso in mattinata per essere interrogato: la procura umbra lo accusa, insieme al pm di Roma Stefano Rocco Fava, di favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio. Spina, che intanto è stato spostato alla procura di Castrovillari, non ha risposto ai pm. Hanno spiegato i suoi legali: «Abbiamo deciso di procrastinare l’interrogatorio per raccogliere tutti gli elementi che consentiranno di chiarire la sua posizione».

NEL POMERIGGIO è stato interrogato Fava: oltre a essere sospettato come Spina di aver divulgato notizie relative all’inchiesta su Palamara, avrebbe anche denunciato per screditarlo il pm di Roma Paolo Ielo, molto vicino all’ex capo della procura capitolina Giuseppe Pignatone. Intorno alla sua successione si è attivata la cordata che avrebbe fatto capo a Palamara con il coinvolgimento dei parlamentari Pd Luca Lotti e Cosimo Ferri.
Dall’inchiesta di Perugia rischia di venire travolta anche l’Associazione nazionale magistrati. Ieri ci sono state riunioni in molte città, oggi è convocato il suo parlamentino. L’Anm potrebbe spaccarsi tra chi appoggia la linea del presidente Pasquale Grasso (Magistratura Indipendente) che ha definito «fisiologici» i rapporti tra esponenti del Csm e la politica e chi invece, come il vice Luca Poniz di Area (la corrente progressista), ne prende le distanze precisando che si tratta di rapporti che «fanno scandalo».

AL PLENUM del Csm si è arrivati con tre sedie vuote. Quella di Spina e quelle dei togati Corrado Cartoni e Antonio Lepre (entrambi di Magistratura indipendente): si sono autosospesi perché hanno partecipato agli incontri tra Palamara, Ferri e Lotti, come dimostrano le intercettazioni. Si sono autosospesi anche il presidente della commissione competente sulle nomine degli uffici giudiziari Gianlugi Morlini (Unicost) e il consigliere Paolo Criscuoli (Magistratura indipendente). Entrambi avrebbero discusso con Palamara della successione a Pignatone. Criscuoli si è difeso: «La campagna di stampa in corso confonde l’indagine penale, alla quale sono estraneo, con l’attività svolta presso il Csm. C’è un pericoloso clima di caccia alle streghe». Morlini pure respinge ogni sospetto: «So di avere raggiunto alcuni magistrati a un dopo cena in cui, a un certo punto e senza che io lo potessi prevedere, è intervenuto Lotti. Mi sono quindi poco dopo congedato».

In questo clima di sospetti, con l’inchiesta di Perugia che sembra delineare un sistema di correnti che fa affari o blocca le inchieste pilotando le nomine nelle procure, si è tenuta la relazione del vicepresidente del Csm, David Ermini. Pure lui renziano come Lotti e Ferri, ha cercato di tenersi a distanza dalla politica gestendo la crisi, incluso l’intervento di ieri, sotto la guida del Quirinale. Ermini ha messo sul tavolo il tema incarichi e rapporti con i partiti: «È necessario che ogni determinazione venga assunta al riparo di interessi esterni. Le nomine dei capi degli uffici giudiziari siano effettuate attraverso la rigorosa osservanza del criterio cronologico, senza indurre il sospetto di essere state compiute nell’ambito di logiche spartitorie o non trasparenti». E ancora: «L’associazionismo è stato un potente fattore di cambiamento e democratizzazione della magistratura. Nulla di tutto ciò vedo nelle degenerazioni correntizie, nei giochi di potere e nei traffici venali di cui evidente traccia è nelle cronache di questi giorni».

DURO L’INTERVENTO del capo gruppo di Area, Giuseppe Cascini: «L’unica vicenda che mi pare assimilabile, sotto più aspetti, a quella che stiamo vivendo in questi giorni è quella dello scandalo P2 dei primi anni Ottanta. L’attacco al sistema che viene dall’esterno, da centri di potere occulti che operano fuori dell’istituzione, è stato possibile solo a causa dell’indebolimento del ruolo del Consiglio, reso permeabile alle tante pressioni, interne ed esterne. È un errore – aggiunge – descrivere questa vicenda come una guerra tra correnti. Le correnti sono le vittime di una vicenda connotata da individualismo, smania di potere, intolleranza alle regole».

LA SINTESI è stata trovata con il documento unitario, approvato sia dai togati che dai laici del plenum: «La vicenda ci chiama in causa tutti e impone un serio, radicale percorso di revisione critica e autocritica, di riforma e autoriforma dell’autogoverno, dei metodi di selezione delle rappresentanze, dell’etica della funzione». E ancora: «Quanto è emerso è indicativo di comportamenti da cui intendiamo prendere le distanze. È il tragico epilogo di un processo di degenerazione della rappresentanza della magistratura».