Lo scheletro della stufa a basso consumo s’intravede ancora, in mezzo a mucchi di cenere fumante. Era l’orgoglio della nostra scuola, la prova concreta che ci si può riscaldare consumando poco e senza inquinare. Delle vecchie suppellettili riciclate non resta niente. Le pareti in legno sono ridotte a un perimetro di polvere nera. Puzza di plastica bruciata t’invade l’anima. «Scola di vvento no c’è più…». Sono i bambini a darcene notizia, prima di riuscire a farci largo tra le autobotti dei pompieri. È la prima cosa che dicono, con le lacrime agli occhi. Non ci raccontano delle loro baracche distrutte. Il primo loro pensiero, nei nostri riguardi, è per la «Scuola del Vento» devastata delle fiamme.

L’avevamo costruita insieme, cinque anni fa, nella baraccopoli di Vaglio Lise. Direttore dei lavori fu il compianto signor Domitri Rostas, deceduto pochi giorni dopo l’inaugurazione, colto da un malore in una gelida alba, mentre stava andando a lavorare. Il suo nome era «Scuola del Vento» perché, prima di costruirla, proprio in quel luogo montavamo nel campo rom un gazebo che in una sera d’estate un piacevole ma dispettoso vento di levante si è divertito a far volare via, trascinando noialtri, le carte, i disegni e i bambini sghignazzanti.

Per un quinquennio nella casetta in legno abbiamo realizzato attività ludiche, ricreative e didattiche. Al suo interno si sono svolti pubblici dibattiti, conferenze stampa, incontri con gli studenti scolastici e universitari in visita al campo rom. Gli abitanti del villaggio vi hanno celebrato battesimi e funerali. Due anni fa, dopo il primo grosso incendio avvenuto nel villaggio, la baracca-scuola è stata abitata da alcuni sfollati per diversi mesi. Adesso è ridotta a un mucchietto di cenere.

L’incendio fortuito, che ha cancellato tre quarti della baraccopoli, si è propagato in pochi istanti. Sospinto da un maledetto vento di ponente che in quel momento spirava, ha distrutto in un lampo anche la Scuola del Vento. Adesso siamo troppo impegnati a capire quale sarà la sorte delle centinaia di persone rimaste senza il tetto di cartone e lamiera sotto il quale vivevano. Presto troveremo anche il tempo di individuare e denunciare pubblicamente le responsabilità politiche di questa situazione, come sempre abbiamo fatto. E dedicheremo anche un po’ delle nostre energie a chiedere conto, con la parola e le azioni, agli infami avvoltoi neonazisti che stanno approfittando di questa disgrazia per riempire le reti telematiche con il loro delirio xenofobo contro i rom. Nel nostro territorio andremo a cercare uno per uno, casa per casa, sia loro sia quelli che con questa gentaglia intessono relazioni sul web e fuori.

Per il momento preferiamo concentrare le forze nel tentativo di restituire vita alla «Scuola del Vento». E siamo sicuri che ancora una volta il compagno Eolo, da sempre nomade per natura e vocazione, arriverà da levante.

Cosenza, giugno 2014, riva sinistra del fiume Crati.