Settimana di passione, in Venezuela, e non solo in senso religioso. Le destre hanno intensificato gli attacchi, riesumando il copione del 2014: le guarimbas. Il termine richiama un antico gioco infantile, che qui ha però un altro macabro significato: vuol dire armi, devastazioni, trappole col filo spinato, chiodi a tre punte e olio sparsi per le strade, e scontri con la polizia. Dal 1 di aprile, si ripetono le manifestazioni: del chavismo in sostegno al governo e dell’opposizione che vuole farlo cadere. Oggi ce ne saranno altre due.

I MORTI sono già 5. Per i grandi media privati, rilanciati da tutta la stampa internazionale, si tratta di vittime dei «collectivos» affini al governo. I «collettivi» in Venezuela hanno una lunga storia. Si tratta di organizzazioni territoriali e di categoria. Contendono i quartieri al degrado e alle mafie del lavoro e del narcotraffico e per questo pagano anche con la vita. Presentarli come ottusi e violenti «pretoriani» serve però alle destre per tornare a chiederne la messa fuori legge. Grazie alla reattività dei media comunitari e delle organizzazioni territoriali, nel 2002, si è potuto scoprire il golpe contro Chavez organizzato dalla Cia, dalle gerarchie ecclesiastiche, dalle grandi imprese e dai media privati. Durante il golpe – dall’11 al 13 aprile – il capo della Confindustria, Carmona Estanga, messo a governare, abolì la costituzione.

A CARACAS, i cecchini entrarono in azione a Puente Llaguno, sparando sui manifestanti dei due schieramenti per accusare il chavismo. Solo la presenza casuale di un’equipe di giornalisti stranieri fece scoprire la natura dell’operazione Cia. In memoria delle vittime di Puente Llaguno, si sono svolte delle funzioni religiose. Ma anche le messe, in Venezuela, sono fortemente politicizzate. Da una parte, quelle dei preti di strada come il gesuita Padre Numa, amico personale del papa. Dall’altra quelle dei cardinali e della corporazione dei vescovi. Il cardinale Urosa, che appoggia apertamente le destre, ha cercato di estromettere dalla funzione i parrocchiani poveri e chavisti facendo trovare tutti i posti occupati dalle destre e gridando slogan «contro la dittatura». I fedeli di sinistra, rimasti fuori dalla chiesa, hanno gridato invece: «Pace, pace, convivenza».

ALCUNI LEADER comunitari hanno invitato Urosa a «formare un partito politico» e a presentarsi alle elezioni, mentre sono in corso le registrazioni di tutti i partiti in lista, per le prossime elezioni regionali. Sulle reti sociali – attive nella propaganda per l’uno o l’altro fronte – è diventato virale un servizio di Globovision. Dalla regia hanno passato troppo presto la parola al cronista di piazza che avrebbe dovuto documentare una manifestazione di opposizione e che sollecitava i presenti invitandoli a «gridare forte slogan contro Maduro». Una troupe di Telesur è stata aggredita e derubata dai guarimberos.

«I MANIFESTANTI pacifici non si toccano neanche con i petali di una rosa», ha dichiarato il ministro della Difesa, il generale Vladimir Padrino Lopez, aggiungendo che però le violenze vanno «contenute». Chi ha interesse a seminare morte e caos? Per Maduro, sotto attacco delle grandi istituzioni internazionali ormai controllate dai paesi latinoamericani conservatori, adottare la linea dura sarebbe suicida. Alcuni ragazzi, giovanissimi, sono stati uccisi nello Stato Lara, governato da Henry Falcon: un ex sostenitore di Chavez, poi passato all’opposizione moderata, che partecipa al dialogo diretto dall’ex presidente spagnolo Zapatero e appoggiato dal papa (ma non dai vertici della chiesa venezuelana).

FALCON vuole candidarsi alle elezioni presidenziali del 2018, che l’opposizione vorrebbe anticipare anche se non dispone di un nome credibile che metta d’accordo tutti. E si fa quello dell’imprenditore Lorenzo Mendoza, uno degli uomini più ricchi del mondo, proprietario dell’impresa Polar. Il marchio detiene molti prodotti della canasta basica ed è accusato di aver promosso la «guerra economica» per far cadere il governo: oltreché di aver intascato miliardi di dollari a prezzo preferenziale (nel paese la moneta è il bolivar) per investire, ma senza farlo.

LE FAMIGLIE dei ragazzi uccisi hanno tenuto conferenze stampa in diverse parti del paese. Invitano a non usare quelle morti a fini politici. Smentiscono che i loro figli stessero partecipando alle guarimbas. Bryan Principal, 13 anni, ucciso nel Lara, viveva in un complesso di case popolari assegnate gratuitamente dal governo (già 1,5 milioni). Il padre del diciannovenne Jairo Ortiz, ucciso da un poliziotto addetto al traffico nello Stato di Miranda (governato da Capriles) è un militante chavista. «L’immagine di mio figlio è stata usata per provocare violenza, mentre lui era un buon ragazzo che odiava ogni forma di violenza», ha dichiarato. Il poliziotto è stato arrestato per omicidio.

ANCHE LA FIGLIA di un’anziana ha smentito che la madre sia morta per i gas lacrimogeni lanciati in una clinica, come aveva sostenuto l’opposizione. Le destre hanno accusato Maduro di aver usato armi chimiche contro i manifestanti. «Vogliono provocare un intervento militare esterno», ha ribattuto il governo ricordando le dichiarazioni bellicose di Trump («spazzerò via Maduro in poco tempo») e quelle del Segretario dell’Osa, Luis Almagro, pasdaran dell’opposizione. La Procura generale è diretta da Luisa Ortega, una garantista apprezzata anche dall’opposizione ragionevole. Giorni fa è intervenuta per criticare le sentenze del Tribunal Supremo de Justicia contro il Parlamento oppositore «in ribellione», poi parzialmente rientrate dopo la convocazione del Consiglio di Difesa da parte di Maduro.

IN QUESTI GIORNI ha fornito un bilancio dei fatti accaduti. Sono state arrestate 7 persone con 60 bombe molotov nella zona di Bello Monte. I detenuti sono oltre 200. I guarimberos hanno bruciato trasporti pubblici, edifici statali, scuole pubbliche, persino una clinica veterinaria mobile della Mision Nevado. Danni per 15 milioni di bolivar in un paese provato dal sabotaggio e dalla drastica caduta del prezzo del petrolio. A causa delle agenzie di rating, per ottenere un prestito e onorare i debiti dell’impresa petrolifera di Stato, Pdvsa, il Venezuela ha dovuto pagare tassi mai visti e affidarsi a un «fondo avvoltoio» come quelli che hanno atterrato l’Argentina e che ora Macri sta rifocillando.

RUSSIA, Iran e Cina hanno difeso il Venezuela dalle «ingerenze esterne». Appoggio anche dai governi progressisti del continente e dai movimenti a livello mondiale che, il 19 aprile, si mobilitano anche in Italia per la giornata internazionale di solidarietà. Per le destre, invece, il 19 sarà «la madre di tutte le proteste»: per la spallata finale.