Un inizio di percorso politico. L’idea di una “nuova Europa” come denominatore comune. E la volontà perfino “transnazionale” di un orizzonte alternativo ai nazionalismi forsennati, alla crisi della socialdemocrazia e al pericoloso oscillare del Ppe.

Domenica sera il parco Buzzaccarini di Monselice si è riempito di gente: in più di 300 hanno partecipato alla riflessione senza diplomazie di Massimo Cacciari con Gianfranco Bettin (presidente della municipalità di Marghera) e Beppe Caccia (politologo che fa la spola con Berlino).

Nessun partito da difendere, niente bizantinismi, zero tenerezze per la sinistra atomizzata. «È evidente che la situazione attuale deriva tanto dalla crisi economica, dal principio di stabilità scolpito nei trattati, dal governo che pretende unanimità. A me interessa ora la scelta per l’Europa: siamo d’accordo che sia l’unico spazio congruo per affrontare i problemi? Sovranità, ma dell’Europa federale vera» ha scandito Cacciari, «C’è da costruire nuovi europeisti e un potere politico effettivo, non la bufala del padroni in casa nostra nel mondo di imperi come Cina e India oltre a Usa e Russia. Con proposte delle forze politiche che restano diverse, ma che indicano una precisa discontinuità. Altrimenti, la grande destra che è già arrivata a Vienna e Monaco non potrà certo essere contrastata da Junker leader di uno stato-canaglia come il Lussemburgo».

Dalla globalizzazione tutt’altro che indolore è ripartito Bettin, perché l’intuizione dei movimenti da Seattle a Genova ha ottenuto puntuali riscontri. «Ora dobbiamo uscire da quella che Euripide definisce la camera nuziale della morte, in cui descrive Europa schiava. È in gioco non più l’alternanza, ma la dialettica fra nazionalismi autistici. Quando Salvini chiede aiuto per distribuire i migranti, i primi a sbattergli la porta in faccia sono Orban e Kurz. In primavera, servirà una visione oltre gli errori del passato come le riforme della scuola o del lavoro che innescano la rivolta di chi rappresentavi. Abbiamo un po’ di tempo per cambiare atteggiamento e smuovere le forze nei troppi campi della sinistra».

Caccia ha concentrato lo sguardo sull’austerità come risposta alla crisi del debito sovrano. «Ma non dimentichiamo che le Grosse Coalizioni hanno gestito insieme su scala europea l’impoverimento, innescando così il “popolo” che trova in Bruxelles il suo nemico. Attenzione: oggi non c’è uno scontro fra europeisti e sovranisti. Se mai si tratta di imparare dalla resistenza alla Brexit, dal municipalismo alternativo, dalle lotte della logistica».

A Monselice l’idea di “Europa senza muri” sconfina proprio nella responsabilità di fare politica, perfino individualmente. Come per altro dimostrava proprio il pubblico, in cerca di una “rete” dopo il salto nel buio delle appartenenze più o meno ideologiche. Cacciari conferma: «Tutte le componenti della sinistra, nessuna esclusa, non hanno capito nulla della fase che ormai abbiamo alle spalle». E il Pd di Martina? «Se si presenta alle urne, nudo e crudo com’è, va incontro alla catastrofe definitiva». Il filosofo insiste a chiamare a raccolta il popolo senza più bussola: «L’appello è rivolto a tutti, affinché facciano la loro parte nei rispettivi ambiti, territoriali e culturali, sindacali e politici. Ognuno deve rendersi conto che le diverse nazionalità hanno un futuro solo se si collocano nell’ambito dell’Unione europea. Certo con nuove istituzioni, nuove “regole”, ma soprattutto con politiche diverse. Senza più Europa gli staterelli saranno succubi del destino deciso altrove. Il senso del nostro appello è dire a tutti: organizzatevi. Anche perché è evidente che i populisti falliranno e ci porteranno al disastro».

Gli applausi finali bastano, almeno, a ridarsi coraggio. Dal cuore del Veneto (che 40 anni fa s’inventò la Lega…) potrebbe ripartire il “laboratorio politico” utile a tutti.