Oggi, 27 ottobre, si vota anche in Uruguay per scegliere il nuovo presidente della Repubblica e i rinnovare i parlamentari. Per la prima volta il Frente Amplio non candiderà un ex-guerrigliero.  Per parlare della tornata elettorale abbiamo intervistato Raul Zibechi, giornalista e scrittore uruguiano.

Come vedi queste elezioni?

Vedo un processo democratico tradizionale senza particolari problemi, insomma a differenza di altri paesi della regione si potrebbe dire che la tornata elettorale è come potrebbe essere in un paese Europeo. In Uruguay non ci sono mai state frodi elettorali. Vedo due tendenze: la prima, quella maggioritaria, la definirei “come amministrare il modello neoliberista dei mega-progetti e dell’estrattivismo». In questa tendenza gli attori sono il Frente Amplio, il Partito Nazionale e il Partito Colorato. La seconda tendenza, che viene da destra e anche da sinistra, è quella della “forte messa in dubbio del sistema attuale”. Il principale interprete di questa tendenza è il partito militare di ultra destra, Cabillo Abierto. Ma come anticipato, dall’altra parte ci sono anche partiti che si posizionano a sinistra del Frente Amplio, come il partito di Unità Popolare (distaccamento a sinistra del partito di governo) e il Partito Ecologista Radicale Intransigente: entrambi hanno una visione a lungo termine critica nel contesto dell’estrattivismo neoliberista.

Vincerà il Frente Amplio?

Si, al primo turno vincerà, ma senza maggioranza assoluta. Prenderà circa il 40% dei voti. I tre partiti di destra, Partito Nazionale, Partito Colorato e Cabillo Abierto, saranno attorno al 50%. Il restante 10% si dividerà tra le diverse formazioni più piccole. Il Frente Amplio potrebbe vincere anche al secondo turno. Io penso che ha più chance il Frente Amplio di vincere alla fine anche perché oltre a controllare l’apparato statale può contare su una militanza di base più forte degli altri partiti. Non solo, il Frente Amplio può anche rivendicare i successi del proprio governo. Tutto dipende da come si configura l’alleanza tra le forze di destra. Ma domenica vince il Frente Amplio con almeno 10 punti sul secondo partito. Non dà certezza di vincere al ballottaggio ma gli dà una posizione di vantaggio.

Che paese è oggi l’Uruguay?

È un paese stabile economicamente, politicamente e socialmente. L’economia è stanca ma non è entrata in recessione. I movimenti sociali sono molto deboli. A parte i movimenti sindacali, che restano molto corporativi, non ci sono movimenti popolari rilevanti come invece succede in altri paesi dell’America Latina. Questo colloca l’Uruguay in uno stato di grande stabilità politica, dove c’è malcontento che però non si traduce in mobilitazione. L’Uruguay vede il dominio dei partiti e la debolezza dei movimenti sociali. Questo non cambierà nel breve periodo, a meno che non arrivi una grave crisi.

Che differenza vedi con gli altri contesti in rivolta del continente?

Ciò che è accaduto in Ecuador e sta accadendo in Cile sono due cose molto diverse. In Ecuador penso che sia un movimento di lotta indigenista che prosegue negli anni. In Cile vedo un moto di rabbia molto importante contro un modello economico molto ingiusto, depredatore, e che genera un grosso squilibrio della società. Le persone stanno male e si mobilitano. Guardando all’Uruguay, e alla sua stabilità, vedo questa grossa differenza con Ecuador, Cile, ma ora anche Bolivia, dove vediamo che il risultato elettorale è stato impugnato e c’è un forte movimento sociale per le strade.