Una barriera al confine fra l’Ungheria e la Serbia per fermare il flusso di migranti e profughi che quest’anno sono entrati numerosi in territorio magiaro.

Si tratta di una delle possibilità alle quali occorre pensare secondo quanto il primo ministro ungherese Viktor Orbán ha affermato la settimana scorsa alla Radio pubblica.

Già in più occasioni il premier aveva avuto modo di definire negativo il fenomeno dell’immigrazione dal punto di vista economico, sociale e culturale. A Budapest si parla di emergenza dal momento che, secondo fonti locali, quest’anno l’Ungheria ha ricevuto oltre 50.000 richieste di asilo rispetto alle 43.000 del 2014, cifra che corrisponderebbe alla percentuale pro capite più alta dell’Unione europea.

Secondo Orbán e i suoi più stretti collaboratori, la politica della Ue in termini di emigrazione è risultata fallimentare e per questo ogni paese ha il diritto di legiferare in materia in modo autonomo, sulla base delle sue esigenze e delle indicazioni espresse dai suoi cittadini.

Così, di recente, il governo ungherese ha inviato alla popolazione un questionario intitolato «Consultazione nazionale sull’immigrazione e il terrorismo». Si tratta di un modulo con dodici domande, due delle quali chiedono ai destinatari se non sia il caso di preoccuparsi delle famiglie ungheresi piuttosto che degli immigrati e se questi ultimi non costituiscano un pericolo per le possibilità di lavoro dei connazionali. Il questionario stabilisce un legame diretto fra immigrazione e terrorismo e ha suscitato forti critiche da parte delle istituzioni internazionali.

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha definito scioccante l’iniziativa: si è detto preoccupato per la possibilità che il questionario incoraggi sentimenti xenofobi nella popolazione ungherese e atteggiamenti ostili nei confronti di migranti e profughi che dal governo di Budapest vengono quindi indicati come un nuovo fattore di destabilizzazione sociale ed economica e una potenziale minaccia all’ordine pubblico.

Nelle città ungheresi sono apparsi grandi cartelloni voluti dal governo con su scritto in ungherese: «Se vieni in Ungheria devi rispettare le sue leggi» oppure «Se vieni in Ungheria non puoi portare via il lavoro agli ungheresi». Di recente la polizia ha arrestato sei persone ree di aver strappato questi manifesti che, secondo l’opposizione di centro-sinistra, rappresentano un’incitazione all’odio nei confronti degli immigrati.

Questa forma di protesta è dovuta ad attivisti che stanno promuovendo comportamenti basati sulla disobbedienza civile nei confronti di una campagna che definiscono vergognosa. Intellettuali progressisti e liberali sono sulla stessa lunghezza d’onda e accusano il governo di voler rendere l’Ungheria un paese sempre più chiuso e lontano dall’Europa, sempre più convinto che i pericoli vengano da fuori e che sia necessario difendersi dai medesimi sia che si tratti di multinazionali e organismi internazionali, sia che si tratti di semplici migranti.

Il governo sostiene che l’idea dei manifesti è stata concepita contro i trafficanti di esseri umani e coloro che lasciano il loro paese per motivi economici e non per fuggire da guerre e persecuzioni. Il messaggio dell’esecutivo sarebbe che queste categorie di persone non sono gradite in Ungheria e che comunque il paese non può dare lavoro agli immigrati né prendersi carico della loro sussistenza.

Del resto, non molto tempo fa, il governo aveva chiarito di non volere che lo Stato danubiano si trasformasse in un campo profughi.